Nel cuore dell’Umbria, un’Umbria in miniatura
Castello di età tardo-medievale, Polino sorge all’apice della valle del fosso di Rosciano, raccolto, quasi appollaiato, sopra uno sperone roccioso difronte alla possente mole del Monte Petano. Questo comune montano, il meno popoloso e il più “alto” del comprensorio ternano, ha svolto in passato una funzione di controllo sulla “via per Leonessa” ed è stato a lungo conteso per la sua posizione strategica di confine tra Stato Pontifico e Regno delle due Sicilie. Nel borgo antico, sovrastato da una rocca cinquecentesca con torri cilindriche, ancora oggi si possono percepire i ritmi di una vita scandita da gesti e tempi che tradiscono una storia secolare lontano dalla vita del fondovalle.
Polino ed un museo….SOTTOSOPRA
Da alcuni anni l’interno del castello e della rocca ospitano un museo interattivo dedicato alla conoscenza della montagna appenninica umbra. Il museo è strutturato in due differenti sezioni dedicate all’ambiente geologico (sotto) ed a quello naturalistico (sopra). Nella sezione geologica, attraverso alcuni pannelli “animati”, viene descritta la genesi della montagna appenninica, la formazione dei fossili (ammoniti) di cui è ricco il territorio di circostante, il ciclo dell’acqua (meteorica, superficiale e sotterranea) e la storia della Cascata delle Marmore. La parte naturalistica rappresenta la vegetazione (e le trasformazioni apportate dalle attività umane), gli animali e gli insetti che popolano l’ Appennino Umbro. Il museo apre su prenotazione.
Un picnic sul Monte La Pelosa
Percorrendo la strada asfaltata che salendo da Polino porta alla località piano del Monte, si trova la fontana di Acquaviva conosciuta per la qualità dell’acqua e luogo dove, in antichità, sorgeva un insediamento fortificato preromanico di cui oggi restano solo delle flebili tracce. Proseguendo si giunge alla località di Colle Bertone, un sistema di radure e boschi di Faggio molto frequentata nel periodo estivo per passeggiate e picnic. L’area montana del comune di Polino culmina con il Monte la Pelosa (1635 m s.l.m.) che deve probabilmente il suo nome alla presenza di boschi anche nella sua parte sommitale risparmiati, nel corso dei secoli, dalle attività di dissodamento e pascolo. Qui nelle giornate più limpide dell’anno lo sguardo spazia dalle principali vette appenniniche al mare Tirreno.
La “Cava d’Oro” e quel piccolo vulcano addormentato
Aperta nel 1760 da parte dello Stato Pontificio che intese in questo modo potenziare il settore della metallurgia (sfruttando contemporaneamente anche altri giacimenti della zona come le “Ferrare” di Monteleone di Spoleto), vi si estraeva ferro, argento e secondo la tradizione popolare anche oro. L’apertura della cava venne onorata con il conio di una medaglia di bronzo che riportava l’effigie del Papa Clemente XIII nel frontespizio e nel retro la scritta “tratta dalle nuove miniere presso Polino castello dell’Umbria”. La cava, comunque, fu attiva per pochi anni e poi abbandonata. Oggi il sito ricopre una notevole importanza dal punto di vista geologico data la presenza di un piccolo sistema vulcanico estinto (risalente a 250.000 anni fa) che affiora dagli strati calcarei tipici dell’area appenninica umbra.
L’Umbria degli eremiti
L’Eremo di Sant’Antonio, scavato nella roccia, sembra risalga al XII secolo. Sulla facciata, edificata successivamente, piccolo campanile a vela e acquasantiera esterna vicino al portale d’ingresso. All’interno alcuni affreschi di incerta datazione e due statue, raffiguranti i santi Antonio da Padova ed Antonio Abate ai quali è il sito è dedicato. L’eremo si trova lungo la mulattiera che risale da Polino alla “Cava dell’Oro” utilizzata in passato per raggiungere Monteleone di Spoleto. L’interno è costituito da due vani, uno interamente scavato nella roccia e l’altro in muratura: nella piccola nicchia ipogea è collocata un’immagine di Antonio Abate, l’ anacoreta egiziano il cui culto è particolarmente ricorrente nel pensiero magico e religioso del comprensorio.
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