«Da queste balze rocciose luminerà una luce divina. Verrà alla luce una pietra preziosa, la Margherita, che brillerà e sarà la più grande e supererà le terre e i mari. L’umiltà vincerà la vanità. Qui accorreranno le genti tratte da ogni luogo a osannare il Dio eterno. E da questa misera valle avrà nome sacro al mondo».
La visita alla Grotta d’Oro non è prevista, in genere, dai normali itinerari turistici. Tuttavia, chi vuole, può giungere lassù in pochi minuti, attraverso un sentierino che sentierino che sale alla platea rocciosa. L’antro è poco profondo e assai spazioso. Nell’entrata che descrive un maestoso arco a sesto acuto, è inquadrato, sulla sinistra, lo Scoglio Sacro che, nel lato prospiciente la grotta, strapiomba con le sue rocce nude e biancastre spiccanti sul verde cupo dei boschi. In alto, dietro lo Scoglio, si scorgono i tetti del borgo di Capanne di Roccaporena. Verso destra, una cinquantina di metri più in basse, la case del borgo natale di Santa Rita.

Anche se s’ignorassero i racconti degli storici che ricordano come Roccaporena sia stata il borgo natale di Santa Rita, basterebbe la fisionomia del luogo a destare la percezione del sacro, mysterium tremendum et fascinans che incute rispetto ed evoca l’eterno.
Il pavimento della Grotta, a causa delle stratificazioni della roccia, degrada verso l’esterno formando una sorta di anfiteatro naturale. Nella parte più interna, si stende una terrazza a due livelli sovrapposti sul fondo della quale le lunghe tracce di fuliggine che ne imbrattano le pareti indicano il luogo in cui, secondo la tradizione popolare, Rita avrebbe sostato durante la preghiera. Per chi siede nell’antro, lo spazio di cielo visibile è ridotto ad una piccola estensione compresa tra la parte superiore dell’arco roccioso e la coasta montana che corre dirimpetto. Non c’è oscurità nella Grotta, nè luce soverchia: vi regna una trasparente, tenue penombra protetta dall’abbraccio della pareti possenti. Un interrotto cinguettare d’uccelli, nella bella stagione, fa da sottofondo al silenzio del luogo. Sulla sinistra dell’entrata, una grotta più piccola, poco profonda: quasi una nicchia. Alle due estremità della grotticella, due coppelle scavate nel pavimento roccioso, rivelano che quel luogo, al pari dello Scoglio, dovette essere sede di culti ancestrali.

A Roccaporena sono amorevolmente conservati alcuni dei luoghi più importanti per la Santa degli Impossibili: la sua casa natale, la casa dove visse con il marito ed i figli, l’Orto del Miracolo, il Lazzaretto e lo Scoglio Sacro.
Antiche leggende narrano che l’antro era sede d’un oracolo femminile e vi risiedeva la vaticinante Porrina, ninfa o semidea che avrebbe dato il nome al luogo. Ebbene, l’esistenza del culto ad una ninfa oracolare, identificata dopo la conquista romana del territorio con Carmenta- Porrina, non può essere negata a priori. Si tenga conto del complesso mitico della Sibilla Appeninica, o nursina, ugualmente caratterizzato dalla presenza di un’entità femminile dotata di veggenza, dall’antro in cui viene proferito l’oracolo e dall’abbisso sottorraneo in cui, all’interno del mondo, scrosciano le acqua.

Lasciandosi Cascia alle spalle, in direzione di Roccaporena, si entra nella Valle del Fiume Corno. Dopo pochi chilometri, s’innalza lo Scoglio Sacro di Roccaporena: piramide spoglia e biancastra la cui cima si perde nell’azzurro.
I riferimenti classici concernenti Carmenta e, in genere, le carmentes, donne vaticinanti, inducono a considerare la possibilità che il riferimento a Porrina, in relazione all’origine del toponimo a Roccaporena, non sia affatto peregrino. In altre parole, è possibile che un oracolo femminile sia realmente esistito e che l’antro fosse la sede di tale oracolo. L’associazione acqua-grotta-entità femminile oracolare, nei miti arcaici è una costante: la ninfa, come Carmenta, o la più conosciuta ninfa Egeria, istruttrice di re Numa, è un entità mitica in stretta relazione con le acque e gli antri. Eferia appartenenva al consesso delle Camene, arcaiche ninfe laziali custodi delle fonti, cui a Roma era consacrato un bosco sacro nei pressi di Porta Capena. Tra le arcaiche ninfe della mitologia latina vi è da menzionare Albunea alla quale era consacrato un bosco nei pressi di Tivoli ed un culto oracolare. Non a caso, oltre al bosco, vi era una grotta ad ella dedicata ed una sorgente d’acqua sulfurea, acqua albula, dalla quale la ninfa tiburtina derivava il nome. Albune era dunque il genius loci associato alla grotta, all’acqua ed al bosco.
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Nei dintorni:
- Cascia, la Città di Santa Rita;
- Monteleone di Spoleto ed il Museo della Biga;
- Poggiodomo, la Terra del Cardinale;
Da vedere:
- Roccaporena, il borgo in cui nacque Santa Rita da Cascia;
- Lo Scoglio;
- La Grotta d’Oro;
- La Casa Maritale di Santa Rita;
- La Casa Paterna di Santa Rita;
- Il Santuario di Roccaporena;
- L’Orto del Miracolo;