In tempi non eccessivamente remoti, nella società rurale della Valnerina, il figlio maschio godeva d’una condizione privilegiata rispetto a quella della femmina. Questa disparità veniva espressa fin dal momento della nascita attraverso usanze mediante le quali si usava celebrare l’arrivo di un erede. Tali usanze prevedevano una sorta di frugale agape al fine di rendere partecipi alla gioia della famiglia i membri del gruppo d’appartenenza. Fuori della porta di casa – sul marciapiede o sull’aia, nel magazzino o (più di rado) nella grande cucina delle case rurali – veniva allestito un tavolo coperto da una tovaglia appena lavata. Su di esso si sistemavano boccali di vino, qualche filone di pane appena sfornato ed il prosciutto di maiale domestico, tenuto in serbo per l’occasione. A questi ingredienti tradizionali, eventualmente, potevano aggiungersi delle ciambelle preparate in casa. In ogni caso, secondo la tradizione degli avi, la saporita coscia di porco sottoposta ad un’adeguata stagionatura non poteva mancare. In occasione della festa per la nascita, si usava contrattare un suonatore d’organetto che, canto e suonando, oppure accompagnando il canto di un poeta a braccio, celebrava l’occasione improvvisando dei versi. A seconda che si trattasse di un figlio o di una figlia, il canto prendeva nome di “canto a presciuttu” o di “canto a spalletta“.
Canta’ a spalletta
Proprio la scelta di questa parte del maiale esprimeva la differente gradazione di letizia sa parte dei genitori derivante dalla diversa percezione che nel contado si aveva della nascita di un maschio e della nascita d’una femmina. Rispetto al prosciutto, maggiormente polposo e più grasso (nell’alimentazione tradizione il grasso non era demonizzato: le donne , ad esempio, se ne cibavano per avere la bella pelle e latte abbondante) , la piccola e più asciutta spalletta rappresentava un “prosciutto minore”. Generalmente la si metteva da parte per le merende dei braccianti assoldati per la mietitura o, comunque, la si consuma tardivamente rispetto al prelibato prosciutto. In Valnerina, il taglio della spalletta veniva accompagnato da questi versi:
“Me so’ partito da la mia casetta pe’ venì a cantà qui a ‘sta femminuccia cosi ce la darete la spalletta. Tra qualche anno voglio ritornare e a fijo maschio io voglio cantare e lo presciuttu ce dovete dare.”

Canta’ a prosciutto
Nella simbologia villareccia al taglio prosciutto, destinato alla nascita di un maschio, veniva intonato questo stornello:
“Bello di color fiore di mogo s’è rallegrato tutto l’vicinato, ch’è nato ‘n fijo maschio in questo luogo. Ora ci possiamo rallegrare ch’è nato ‘n fijo maschio cantatore.”
Come si evince chiaramente dai due componimenti messi a confronto, nel secondo a rallegrarsi della nascita di un maschio, oltre al poeta, è “tutto il vicinato” perché è nato un figlio maschio “cantatore”. Nel secondo componimento, sebbene abbia accettato di celebrare la nascita della “femminuccia”, il poeta esprime la speranza d’essere invitato, la prossima volta, per cantare la nascita del maschietto. In quel caso, però, invece della spalletta, pretenderà il solenne prosciutto. E nella gioia generale, anche il suo canto metterà le ali.

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