San Sebastiano, la guardia divenuta martire
Con San Giovanni e San Rocco, protettori della peste, inizia il nostro viaggio nell’iconografia e nell’agiografia dei Santi della Valnerina. Sebastiano, di Milano o Narbona, promosso per la sua fedeltà a guardia del corpo di Diocleziano e Massimiano, non faceva mistero della sua fede assistendo i cristiani prigionieri nelle carceri imperiali ed annunciando il Vangelo. Molti nobili romani da lui convertiti ricevettero l’ambita palma del martirio. Dopo la conversione dell’ostico prefetto Cromazio, gli imperatori non potettero più soprassedere e San Sebastiano fu condannato alla pena capitale. Legato ad un palo e trafitto da frecce, fu dato per morto. Soccorso dalla nobile matrona Irene, riuscì a riacquistare le energie necessarie per affrontare Diocleziano in pubblico e proclamare Cristo. Sul finire del III secolo, un 20 di gennaio, morì sotto i flagelli romani. Durante l’estate dell’anno 680 scoppiò a Roma una violenta epidemia di peste: da allora, San Sebastiano, acclamato dal popolo, fu nominato protettore contro la peste nera. Non c’è quasi chiesa, nell’Umbria e nella Valnerina, in cui il santo non sia stato raffigurato spesso più di una volta, al sopraggiungere d’una nuova epidemia.

San Rocco, protettore della peste
Rocco, nato a Montpellier, ricco e destinato a governare la città, a vent’anni lascio allo zio lo scranno e metà delle sostanze ereditate donando ai poveri l’altra metà. Era nato, nel 1345 o 1350, segnato con una croce rossa sul petto: Dio lo voleva tra i suoi. In uno dei suoi pellegrinaggi, con l’ampio cappello, la corta mantella ed il bordone indossato dai pellegrini di Compostela, Rocco stava dirigendosi alla volta di Roma. Giunto in prossimità di Viterbo, rinunciò a proseguire per assistere gli appestati. Molti furono guariti dalle sue preghiere, altri furono guariti nell’anima. Correva l’anno 1367. Roma, Forlì, Cesena, Parma e Bologna lo videro al capezzale dei moribondi, incurante del contagio. Avendo contratto la peste a Piacenza, nel 1371, assistito da un cane guardiano e da un nobile del luogo riuscì a guarire. Tornado in Francia, scambiato per una spia, morì in prigione. Forse fu proprio lo zio a farlo arrestare, non avendolo riconosciuti sotto le lacere vesti. Rocco tacque la propria identità: i santi sanno quando consegnarsi alla sacra falce della morte. Accanto al suo corpo, si narra, fu rinvenuta una tavoletta sulla quale era scritto: << Chiunque chiederà l’intercessione di San Rocco, sarà liberato dal terribile flagello della peste>>. Non esistono documenti attestanti la sua canonizzazione: Rocco fu proclamato santo dai popoli d’Europa.
Sant’Antonio Abate, l’eremita del deserto
Antonio nacque intorno al 250 a Coma (Queman), in Egitto, da una ricca famiglia cristiana. Poco prima dei vent’anni, Antonio vendette l’eredità lasciatagli dai genitori distribuendo il ricavato tra i poveri. Si rinchiuse per decenni fra le rovine di un fortino abbandonato affidandosi alla direzione spirituale degli eremiti che vivevano in quei deserti. <<Obbedienza e continenza ammansiscono le belve>>, soleva dire. Per concedersi il pezzo di pane, i pochi datteri ed il sale con qui, generalmente, si nutriva quando non digiunava, Antonio intrecciava canestri di giunco continuando a pregare. Fu tentato in ogni modo, fino alla fine della sua lunga vita, riuscendo sempre vittorioso. Giunto a 35 anni, si ritirò in un cimitero abbandonato da cui scacciò i cobra con il segno della croce. A 55 anni, decise di insegnare agli altri anacoreti il duro cammino dell’ascesi esortandoli a vivere ogni giorno come fosse l’ultimo. Nel 311, Antonio si ritirò tra gli anfratti di un monte dove rimase per diciotto anni a pregare e far penitenza. Morì il 17 gennaio, l’anno è ignoto, dopo aver superato il secolo d’età.

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