Lungo strada della santità
Non tutti sanno che il cammino terreno di Rita da Cascia verso la santità è passato, ancor prima dei miracoli, attraverso il matrimonio con Paolo Mancini. Molti dei biografi che hanno studiato approfonditamente la vita terrena della Santa concordano nell’affermare che i genitori, ormai vecchi e gravemente malati, avessero deciso di avviare la piccola Rita al matrimonio sin da giovanissima. Ai genitori, che cercavano di persuaderla nel seguire il cammino di sposa e di madre, Rita rispondeva di voler andare in sposa a Gesù. Tuttavia, considerando il grande desiderio dei genitori, Rita acconsentì a prender marito. Nel 1628, un biografo agostiniano – Padre Girolamo Ghetti – circa il matrimonio della Santa, si limita a scrivere: ” Sapendo quanta reverenza si deve ad honorato padre, dovendolo ubbidire in vece di Sua Divina Maestà acconsentì al maritaggio, et al nodo maritale congiunta, in casa del consorte visse sempre come in solitaria Cella.”

Storie e passioni di “fiero leone”
Secondo la tradizione i genitori di Rita, secondo l’usanza del tempo, avrebbero scelto per la loro figlia un uomo che i biografi definiscono “di aspri costumi”. Non a caso l’agostiniano Cavallucci, nel ricostruire i punti salienti che hanno segnato la vita della Santa, aggettiva l’uomo come “molto feroce”. Riguardo il caratteraccio dello sposo, Padre Simonetti rincara la dose definendolo “fiero leone”. La fama di “poco buon cristiano” derivava dall’appartenenza politica del Mancini: egli, infatti, militava orgogliosamente tra le fila dei ghibellini (fazione verso la quale gli ecclesiastici non nutrivano spiccata simpatica). Alla fine del Trecento, l’aggettivo “ghibellino” aveva un valore diverso da quello che ebbe ai tempi delle lotte tra Papato ed Impero: a Cascia, all’epoca di Rita, questo termine designava l’appartenenza politica che si opponeva alle mire espansionistiche della Chiesa.

Cosa a che fare la Cassa Solenne con la storia di Paolo Mancini?
A questo punto, una domanda sorge spontanea: vista la nota aggressività del personaggio, per quale motivo i genitori della Santa avrebbero concesso la figlia in sposa ad un uomo violento? Il buon senso induce a ridimensionare i lati negativi del Mancini, il quale una certa animosità doveva pur averla, ma questa – oltre ad essere una tendenza caratteriale della persona – connotava ampiamente la vita politica dell’epoca e non era affatto una prerogativa esclusiva dell’uomo. Alcuni biografi di Santa Rita sostengono che la leggenda della “ferocia” di Paolo Mancini sia derivata da un’errata lettura dell’epitaffio posto sulla Cassa Solenne, sarcofago in cui il corpo della Santa fu custodito sino alla realizzazione della meravigliosa Basilica. Perchè, allora, le fonti esagerano notevolmente le doti negative del Mancini fino a dipingerlo come uomo pericoloso? La risposta la offre Padre Simonetti: affinché venga messa ulteriormente in risalto la santità di Rita. Per quanto riguarda il nome dello sposo, la tradizione tramanda quello di Paolo di Ferdinando e Paolo di Mancino, o Mancini (nella forma genitivale latina usata sino alla fine del Cinquecento). Un documento della fine del XV secolo attesta il possesso, da parte della famiglia Mancino, di un mulino lungo il corso del fiume Corno, sulla strada che da Cascia conduceva a Roccaporena.

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