“Per chi porta la corona”
Anticamente, la consuetudine di recitare il rosario serale vigeva presso tutte famiglie della Valnerina e prevedeva la partecipazione comunitaria di tutti i membri. In genere, il rosario veniva recitato quotidianamente da ottobre a maggio, ossia dall’autunno alla primavera ed in particolar modo quando, soprattutto durante l’inverno, le avverse condizioni climatiche obbligavano i contadini a rifugiarsi in casa. Per tradizione, era il capofamiglia ad intonare il rosario: in dialetto si diceva che “portava la corona”. Le donne, mentre pregavano insieme agli altri, usavano filare: il movimento ritmico delle mani non impediva loro la partecipazione alla preghiere comunitaria. Il luogo privilegiato per la recita del rosario era la cucina ed il punto d’aggregazione il focolare, il quale costituiva il vero e proprio centro di gravità del microcosmo domestico.
Il rosario itinerante
Conclusa la contemplazione dei cinque misteri del giorno (“le ‘mposte”) e terminate le litanie lauretane, si recitavano quotidianamente preghiere di suffragio per i morti della famiglia (in genere consistenti in un requiem preceduto dalla menzione del nome del defunto). Per tutto il mese di Novembre, in alcune zone della Valnerina come in Val di Narco, vigeva la consuetudine di recitare il rosario serale, ogni giorno, presso una famiglia diversa del paese. La pratica del rosario itinerante, pur nella sua connotazione prettamente religiosa, va considerata come espressione della solidarietà che, rispettando i vincoli sanciti dalla tradizione, legava tra di loro i componenti della classe rurale. In altre parole, la prestazione gratuita di manodopera in occasione di lavori particolarmente gravosi, si distingue dalla solidarietà della preghiera solo per le divergenze nelle modalità e nel campo d’azione in cui essa si esplica, ma non nell’intenzione e neppure nella sostanza.
“Dicemo lu rosario…”
Circa l’efficacia attribuita alla pratica del rosario nella devozione popolare per quanto concerne la protezione contro le trame del Maligno,sono significative queste parole, pronunciate da un nostro anziano informatore il quale diceva alla moglie: “Dicemo lu rosario: ‘n po’ male, ‘n po’ bene, ‘ntanto lu diavulu se trattiente”. Ovviamente, non tutti accettavano di buon grado la pratica serale che vedeva riunita la famiglia intorno al fuoco. Talvolta qualcuno, specie i giovani, attratti dall’osteria o dalla morosa, cercavano di svignarsela approfittando della penombra appena rischiarata dalla fiamma. E, mari, recitavano tra i denti una formuletta scherzosa, come la seguente:“In nome del Padre e dello spicchio d’ajo, io me la squajo!“.
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