“Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre “Andiamo”, e non sanno perchè. I loro desideri hanno le forme delle nuvole.”
Charles Baudelaire
Con il suo ricco patrimonio artistico e storico, Sant’Anatolia di Narco è uno di quei borghi capaci di raccontarsi senza bisogno di noiosi testi. Con i suoi magnificenti affreschi, con i suoi panorami senza eguali, con le sue antiche leggende, la Terra dei Naharci è la cornice ideale per nutrire il nostro bisogno di Umbria e di turismo esperienzale. Bando alle ciance, le vacanze di Pasqua stanno arrivando e Sant’Anatolia di Narco ti aspetta con 3 cose assolutamente da fare per un weekend dal sapore di Valnerina.
1) Passeggiare per i vicoli medioevali del Castello di Caso
Caso, a pochi km da Sant’Anatolia di Narco, è un castello di pendio che domina la Val Casana, situato sul versante meridionale del monte Coscerno lungo le principali vie montane solcate per secoli da uomini, merci, animali da soma e greggi. Il borgo è inserito in uno scenario naturale di maestosa bellezza dove le pareti rocciose precipiti del monte Civitella (le Muraglie) chiudono il versante sinistro della valle che qui si allarga a formare una verdeggiante e fertile pianura detta il Piano delle Melette. Caso, in aggiunta, ospita alcuni edifici religiosi di grande interesse come l’Oratorio di San Giovanni Battista ,sorto in corrispondenza di un’antica grotta eremitica e composto da due pittoresche navate affrescate tra il 1460 e il 1474, le quali ospitano San Cristoforo, due apostoli, Madonna del Soccorso, e San Sebastiano. Fuori dalle antiche mura, è situata invece la chiesa di Santa Maria Assunta con facciata a capanna: all’interno, ad una navata, campeggia l‘Incoronazione di Maria ed altri affreschi realizzati dal maestro Pierino Cesarei . Lasciato alle spalle il centro storico, lo sguardo del viaggiatore indugia sulla chiesa quattrocentesca di Santa Maria delle Grazie, ampliata nella seconda metà del XVI secolo e caratterizzata da una sublime facciata rinascimentale, finemente adornata da un portale realizzato nel 1575. All’interno del santuario sono custoditi importanti affreschi del XV – XVI secolo, attribuiti alla scuola pittorica spoletina ed alla tradizione iconografica di Giovanni Lo Spagna: tra questi non si possono non citare la Madonna a Cavallo, la Natività con coro di angeli (sopra la cappella primitiva), San Sebastiano ed un angelo annunciante ( collocati in corrispondenza delle nicchie situate in alto a sinistra). Fuori dal paese, lungo la strada che sale a Gavelli, è localizzata la piccola chiesa di Santa Cristina del XIII secolo, dalla semplice struttura romanica. L’interno, completamente affrescato, ospita alcune delle opere più rinomate nel panorama umbro – rinascimentale, fra queste Giudizio Universale del 1527 , Trinità del 1524, naufragio di una nave, storie di Santa Cristina e Santa Maria Egiziaca coperta dai capelli. Molti degli affreschi presenti sono stati realizzati tra il XV e il XVI secolo.
Caso, scorcio. Natività, Chiesa di S.Maria delle Grazie.
2) Esplorare Gavelli e la Chiesa di San Michele Arcangelo
Il castello di Gavelli, edificato tra il IX e il X secolo, nell’alta Val Casana è compreso tra le imponenti Muraglie dei monti Eremita – Civitella e le Balze del Coscerno in una posizione per secoli difficilmente raggiungibile. Qui tra forre, grotte rupestri, boschi e brevi radure, da sempre hanno vissuto eremiti come quelli che in passato colonizzarono una scomoda e quasi irraggiungibile spelonca sulle balze del monte Civitella, che oggi prende il nome di romitorio di Sant’Antonio. Nel borgo restano tracce del cassero e di una delle porte di accesso. Tuttavia, Gavelli custodisce il suo vero “tesoro” all’interno della chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo. Il santuario, realizzato nel XV secolo, cela un corredo pittorico particolarmente importante: basti pensare che gli affreschi collocati al suo interno , dipinti tra il 1518 e il 1523 da Giovanni di Pietro detto “Lo Spagna”, risentono addirittura di influenze iconografiche e stilistiche rintracciabili nelle opere del Perugino e del Raffaello. Nelle cinque nicchie della parete sinistra si possono ammirare, Cristo Risorgente, e Madonna in gloria tra angeli e cherubini e i santi Sebastiano, Caterina d’Alessandria, Apollonia e Giovanni Battista del 1523. Nell’abside, invece, sono collocati: Incoronazione della Vergine e San Michele Arcangelo che calpesta il drago. Di grande realismo naturalistico, dove l’influenza raffaellesca si mostra in tutto il suo splendore, è la scena raffigurante l’apparizione di San Michele e del toro ad un gruppo di balestrieri. Uscendo dalla chiesa e proseguendo sulla strada principale, si accede ai piani di Gavelli dove, tra ampie radure e boschi ad alto fusto di cerri, si trova uno stagno naturale dal ricco ecosistema palustre con una copiosa sorgente ed una piccola area picnic.
Apparizione di San Michele.
3) Scoprire l’Abbazia dei Santi Felice e Mauro ed una leggenda incredibile
La splendida chiesa ed il complesso abbaziale benedettino, vennero edificati nel 1194 su un preesistente sito eremitico. Posta ai piedi dell’abitato di Castel San Felice di Narco, in un ampio prato lambito dalle fresche ed ossigenate acque del Nera, è difficile immaginare che nel VI secolo, quando i siriani Mauro, il suo figlioletto Felice e la di lui nutrice, raggiunsero questi luoghi, li trovarono invasi da malsane paludi a causa delle frequenti esondazioni del Nera e dall’abbandono delle terre di fondovalle spopolate a seguito dei continui saccheggiamenti dell’età barbarica. Secondo la leggenda il siriano San Mauro e suo figlio San Felice, grazie all’aiuto di Dio, liberarono queste lande malsane dal “drago” che qui si nascondeva ammorbando l’aria con il suo stesso fiato. Il drago viveva nelle grotte al di la del ponte sul Nera (tuttora visibili) e i due lo affrontarono armati di un ferro ed un bastone: il ferro uccise il drago ed il bastone, portato dalla Siria, germogliò diffondendo in questi luoghi il pino d’Aleppo che ancora oggi vegeta sui versanti assolati. Questa leggenda che raffigura la metafora della bonifica (dove il drago rappresenta il fiume responsabile delle inondazioni), è splendidamente impressa sulla luminosa pietra calcarea per mezzo di quattro bassorilievi che decorano la facciata della chiesa in stile romanico spoletino.
Abbazia di San Felice, facciata. Abbazia di San Felice, interno.
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