Oltre all’uso quotidiano, nel corso dell’anno, per celebrare le varie feste liturgiche si usava preparare pane, pasta, focacce e dolci usando la farina di grano. Molte di queste preparazioni erano destinate all’uso comunitario e venivano distribuite ai fedeli dopo essere state benedette in chiesa; oppure erano offerte ai poveri, o scambiate mutuamente tra le famiglie in occasione delle veglie notturne celebrate attorno ai grandi falò. Passiamo in rassegna alcuni esempi di pasti rituali.
Il pane di Sant’Antonio
Il pane di Sant’Antonio veniva preparato per la festa dell’Abate. A Monte San Vito, a Buggiano, a Poggiodomo si usava preparare le cosiddette “pagnottelle de Sant’Antoniu” le quali, dopo essere state ai benedette in chiesa, venivano distribuite ai fedeli. A Norcia, in occasione del 17 gennaio, le monache antoniane cuocevano le “ciammellette de Sant’Antoniu” con le quali facevano serti ornati da un pendente di pasta a forma di cuore. In località San Marco, nello stesso giorno, un tempo si usava consumare farro condito con cacio forte di pecora. A Pescia vigeva la medesima usanza. In tutta la Valnerina si credeva che il pane di Sant’Antonio non ammuffisse mai. In caso di malattia , se ne dava da mangiare qualche pezzetto agli animali, per questo le massaie badavano di aver sempre a disposizione qualcuno di quei pani.
Il pane di Sant’Eutizio
Nell’antica Valle Castoriana, dove sorge l’Abbazia di Sant’Eutizio, il giorno della festa del Santo “i santesi” di 3 paesi – Acquaro, Collescille, Piedivalle – preparavano il pane da donare ai pellegrini che si recavano all’edicola montana dedicata a San Macario, ubicata sui monti dirimpetto l’eremo di San Fiorenzo. Oltre al pane, si offriva ai contenuti un bicchiere di vino. Prima di essere somministrati, pane e vino venivano benedetti in chiesa.
Il pane e le “ciammellette” di San Biagio
In occasione della festa di San Biagio, protettore dalle malattia della gola, a Monteleone di Spoleto si preparavano “le ciammellette de San Biaciu”. Dopo essere state benedette venivano portate al collo e le si consumava a scopo profilattico. Ad Opagna, per la festa del santo, oggi convivono due tradizioni: l’antica zuppa comunitaria di farro e quella della distribuzione del pane benedetto. Due famiglie del paese provvedono a preparare ciascuna una dei due cibi scambiandosi, l’anno successivo, i rispettivi ruoli.
Il pane di Sant’Emidio
Il Santo ascolano era venerato ovunque come protettore dei terremoti. A Buda lo si invocava anche contro i temporali. La messa in onore del Santo veniva celebrata il 14 gennaio, una seconda veniva pronunciata il lunedì dopo la prima domenica di settembre, sebbene la sua festa cada l’undici di agosto. In occasione della messa in settembre, veniva preparato il pane da distribuire ai poveri. A Popoli di Norcia, la festa di Sant’Emidio era organizzata da due santesi, uomini e sposati.
Il pane dei morti
Durante il mese dei morti, un po’ dovunque in Valnerina, vigeva l’usanza di donare un pezzo di pane ai poveri che, di casa in casa, passavano a recitare preghiere di suffragio per le anime dei defunti. A Trivio, si regalava pane alle vedove le quali, in cambio recitavano, il rosario per i defunti e cantavano la Diasilla in suffragio delle anime. A Gavelli, quando moriva qualcuno, i congiunti preparavano un filone di pane grosso il doppio del normale, chiamo “la settima”: chi ne riceveva un pezzo, s’impegnava a recitare un padrenostro a favore del defunto. A Torre di Cammoro venivano impastate delle pagnottelle dette “cacchiate”, da distribuire ai poveri in cambio di preghiere. A Pielarocca s’infornavano filari composti da tre pagnottelle ciascuno, detti “pane de li morti“, da donare ai poveri in cambio di preghiere.
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