Nota nel mondo per la profonda figura di Santa Rita, Cascia custodisce un patrimonio artistico che, per avendo un suo percorso autonomo ed uno sviluppo indipendentemente dal magistero della grande mistica, finisce pur sempre per collegarsi al destino di redenzione vissuto dalla santa quattrocentesca. Tanto prima quanto dopo Santa Rita, la ricchezza artistica del borgo non conosce interruzioni trovando espressione attraverso opere senza tempo, oggi conservate nel Museo Civico di Palazzo Santi. La considerevole importanza archeologica del territorio, per molti secoli polo economico e spirituale della Valnerina, e la vitalità artistica che caratterizzò l’Umbria a partire dal primo Medioevo rappresentano la vera essenza di questo luogo intriso di fascino e di mistero.

Per un pugno di… monete
La sezione archeologica del Museo, collocata al pian terreno, ospita importanti reperti, tutti provenienti da Cascia e dal territorio limitrofo. Trattasi di ritrovamenti particolarmente significativi, poiché documentano la centralità economica e spirituale del luogo, considerato “minore”, seppur erroneamente, rispetto alla vicina Valle Umbra in cui trova collocazione la bella Spoleto. Particolarmente affascinante è l’antica collezione di monete di cui dispone il Museo: litre di bronzo coniate dalla zecca di Neapolis (l’attuale Napoli) raffiguranti la testa cinta d’alloro del dio Apollo, denari finemente decorati con la rappresentazione della dea Vittoria al galoppo e bronzei sesterzi di età imperiale trasportano il visitatore in un passato glorioso ed estremamente suggestivo.

La Tomba di Maltignano
Nel 1955, durante i lavori di sbancamento per la realizzazione di un tratto viario che collegava i piccoli borghi di Maltignano e Tazzo fu scoperta, con sommo stupore dei cantonieri, una tomba a camera all’interno della quale erano custodite le salme di un uomo e di una donna, presumibilmente proprietari terrieri della zona. Estremamente importante è stato il rinvenimento degli elementi decorativi che un tempo ornavano i letti funebri su cui erano collocati i corpi inumati dei due coniugi: uno riccamente adornato in osso, l’altro abbellito con appliques in terracotta. Da sottolineare il ricco corredo funerario rinvenuto nella tomba: anfore, balsamari policromi ed oggetti appartenuti in vita ai defunti meritano senza dubbio l’attenzione dell’osservatore.

C’era una volta uno scultore ignoto
Percorsa la scalinata che conduce al piano superiore del Museo, ci si sentirà come proiettati in un un vortice di emozioni che prendono vita in un gioco di statue lignee finemente scolpite. A tale proposito, è doveroso menzionare la Madonna col Bambino, realizzata intorno alla meta del XIII secolo da uno scultore umbro ancora oggi senza volto. La raffigurazione si compone di due elementi realizzati distintamente. La Vergine è stata ricavata da un unico tronco, presumibilmente in legno di pioppo, sul quale si innestano i due avambracci comprensivi di mani. Il Bambino, in legno di salice, è privo di un piede. Anticamente, il gruppo scultoreo in questione era destinato ad essere addossato ad un postergale e collocato all’interno di un tabernacolo. Per cause sconosciute , l’opera ha perso la sua originaria integrità: non si hanno più tracce del trono, dello schienale del suppedaneo. Il nome di Madonna Rosa, con cui è comunemente nota, si riferisce alla diminuita qualità del rosso che ornava la veste.

Da Andrea Mantegna ad Antonio Rizzo
La statua raffigura il martire romano San Sebastiano (1498) nella sua iconografia tradizionale: nudo, coperto solo da una fascia che ne cinge le vergogne, le braccia legate dietro la schiena e le ferite del martirio inferte da frecce, oggi perdute. A differenza del gruppo scultore della Madonna col Bambino, l’opera è riconducibile ad un noto scultore italiano: Antonio Rizzo . L’andamento tormentato ed incisivo delle linee richiama le opere di uno degli artisti più importanti del XV secolo: secondo la tradizione, nel 1470 il Rizzo entrò in contatto con la produzione artistica del Mantegna, autore del celebre Cristo Morto. Non a caso il San Sebastiano custodito nel Museo Civico di Palazzo Santi richiama l’omonima statua realizzata dall’artista veneto ed oggi conservata presso il palazzo della Ca’ Doro a Venezia. Entrambe le opere presentano un analogo sorriso che lascia intravedere i denti, la fronte inarcata ed un insolita vivacità che porta il martire a piegarsi all’indietro. Non ci sono più scuse per non scegliere Cascia ed un museo da scoprire.

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