“Il violinista arriva realmente alla suprema grandezza quando non è più lui che suona il violino ma quando l’arco strappa dall’anima sua, e non dalle corde, le note più imploranti e desolate.”
Così scriveva il poeta italiano Giovanni Papini. Una riflessione che nel tracciare i contorni dell’esperienza umana, assume la forma armonica di un violino interiore, cuore sonoro del simposio orchestrale che custodisce nel suo canto i tormenti dell’arco ed i misteri del pentragramma. Ed allora, nell’asetticità di un universo incapace di comprendere la bellezza, il violinista è chiamato alla più ardua delle imprese: deporre l’abito da orchestra per indossare l’aureo mantello di un arcere persiano che nell’inchiostro del pentagramma traccia la rotta da seguire per chi, nell’oceano dell’esistenza umana, non ricerca la stella polare che lo riconduca a casa ma sirene e miraggi che lo costringano ad errare, tra i sussurri del Grecale e delle stelle.
A chi è riconducibile l’invenzione dei violino? Alla tecnica del raffinato liutaio Andrea di Cremona o al genio senza tempo del contrabbassista romantico Gasparo da Salò? Un quesito che tormento, dall’alba del seicento, chi nell’andamento sempiterno del pentagramma scorge l’eterno divenire dell’esistenza umana. Se ci soffermassimo sulla storiografia, intendendola come il vaso di Pandora dal quale viene proiettata la sapienza declinata in tutti i tuoi accenti, nel girovagare tra le pagine dei polverosi atlanti di geografia il nostro sguardo indugerebbe sullo scorrere armonico del fiume Gange, in quell’India dai contorni onirici che quasi inconsciamente richiama alla mente gli aromi cinerei di incensi primitivi. Musica che nasce dall’acqua dunque, movimenti orchestrali che racchiudono nei segreti del pentagramma la potenza evocatrice della natura. Percorsi e sinfonie che nascono dalle dissonanze dell’esistenza umana e che si manifestano in corpi pulsanti capaci di proiettare l’anima nella dimensione dello straordinario.
Ed è forse per questo che il violinista Uto Ughi ha scelto Cascia e la Valnerina, come platea sulla quale esibirsi, terre in cui lo straordinario diventa ordinario, un giardino perduto nel cuore dell’Umbria in cui cantare un sentimento d’amore impossibile da comprendere in tutta la sua profondità, una narrazione che tra i sussurri del Nera acquisisce la fluidità di una storia antica. Un evento, in collaborazione con la Regione Umbria ed il Ministero dei Beni Culturali, che celebra la percezione della natura attraverso una delle più suggestive composizioni orchestrali del repertorio internazionale: le Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi, un dialogo infinito tra uomo e natura che ha scelto la Sala della Pace come torre dalla quale librarsi in volo, oltre le frontiere dell’Eterno. Alle ore 17 di martedì 1° Maggio, nel mese in cui la primavera prende forma, la musica incontra l’Arte, il Sacro e la Terra, per poi risolversi in quella natura dalla quale ha origine.
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Nei dintorni:
Da vedere:
- La Basilica di Santa Rita ed il borgo di Cascia;
- Lo Scoglio;
- La Grotta d’Oro;
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- La Casa Paterna di Santa Rita;
- Il Santuario di Roccaporena;
- L’Orto del Miracolo;