Speciale Pasqua in Valnerina
Un’occasione in più per visitare il Leone degli Appennini
Ubicato nel cuore del castello cittadino, dove la torre dell’orologio campeggia maestosa sulla cinquecentesca piazza del Mercato, il nuovo allestimento museale che ospita la storica copia della Biga di Monteleone di Spoleto, realizzata circa trent’anni fa dagli allievi della scuola d’arte dello scultore Giacomo Manzù (l’originale si trova al Metropolitan Museum of Modern Art di New York), può essere considerato, per molti aspetti, il biglietto da visita che racchiude l’anima del territorio.
Inaugurato di recente e sempre aperto, sia al mattino che al pomeriggio (10:30 – 13:00 e 15:30 – 18:00), da marzo a settembre, questo museo si configura come un’esposizione interattiva e dinamica, lontana anni luce dalle fredde e asettiche musealizzazioni standard dove i beni culturali vengono trattati come se non avessero legami con il territorio, separati dal contesto che li ospita. Al contrario questa mostra permanente, basata sul concetto di fruizione attiva del reperto archeologico, inserisce la Biga in un ritratto completo e davvero affascinante di questo borgo incastonato nell’oasi naturalistica dei monti Coscerno e Aspra, a cominciare dal luogo in cui è collocata: i sotterranei della meravigliosa chiesa di S. Francesco. Uno scrigno d’arte che toglie il fiato, la cui visita, per chiunque entri a Monteleone di Spoleto, andrebbe resa obbligatoria a cominciare dal portale, realizzato in pietra locale da scalpellini di scuola lombarda.
L’imponente facciata laterale dell’edificio francescano, dove si trova l’ingresso del nuovo museo, è un caleidoscopio di stili architettonici diversi. Un vero e proprio manuale di storia dell’arte, pregevole testimonianza dei molti interventi realizzati su questa chiesa nel corso dei secoli.
Varcata la soglia del museo, muri trecenteschi accolgono il visitatore affidandolo a Vera, monteleonese DOC e persona di rara disponibilità, il cui amore sconfinato per questi luoghi si trasmette all’istante a chiunque vi metta piede. «Questo allestimento, che rende finalmente possibile ammirare nel modo giusto la biga – afferma Vera con un pizzico di comprensibile orgoglio – è il frutto di lavori cominciati circa due anni fa. Prima qui non c’era praticamente niente, tutte le stanze erano inagibili».
La Biga, ben illuminata, è situata praticamente all’ingresso del museo. Si tratta di una copia realizzata in base alla prima ricostruzione del reperto effettuata dal Metropolitan di New York, risultata poi errata. La nuova e corretta ricostruzione della struttura del carro, frutto degli studi dell’archeologa Adriana Emiliozzi, è comunque visibile grazie a un ologramma arrivato direttamente dal Metropolitan Museum, posto nella seconda stanza del museo e circondato da una pannellatura che ricostruisce tutta la storia del reperto.
Ritrovata nel 1902 presso Monteleone di Spoleto in località Colle del Capitano, durante i lavori per la realizzazione dell’aia di un casolare, la Biga, di chiara matrice greco-ionica, risale al VI sec. a. C.. Esposta dal 1903 a New York, dove è arrivata passando per Norcia, Roma e per una cassetta di sicurezza del Credit Lyonnais a Parigi, è stata al centro di un contenzioso legale in cui il comune di Monteleone, ritenendo che essa fosse stata trafugata, ne ha chiesto invano la restituzione. Tuttavia, il corredo di spiegazioni e approfondimenti offerti da questo nuovo allestimento museale, che può usufruire anche di apposite aule studio e sala con videoproiettore, permettono di conoscere tutta la controversa storia di questa perla archeologica mondiale come mai finora è stato possibile. Nemmeno al blasonato Metropolitan newyorkese.
Non è raro incontrare tra le stanze del museo – come è successo a chi scrive – la presidente dell’associazione ArcheoAmbiente, Giuseppina Ceccarelli, la cui incommensurabile passione per questo territorio è equiparabile solo alla sua competenza in fatto di storia e archeologia locali. «Questa – afferma sorridente Giuseppina – è una terra fertile non solo di Farro, che qui ha l’unica DOP assegnata a un cereale, ma anche di umanità. Sul Colle del Capitano, oltre alla biga, sono state scoperte 42 tombe proto villanoviane, mentre tra Trivio e Ruscio vi sono tombe di osso lavorato e qui intorno vi sono castelli del IX secolo a. C. C’è ancora tanto da studiare».
Situato lungo l’antica direttrice di collegamento tra i mari Adriatico e Tirreno, praticamente al confine tra il Papato e il Regno borbonico – la dogana era a Ruscio, distante pochi chilometri – Monteleone di Spoleto è un autentico tripudio di suggestioni storiche.
Tra le stradine di questo piccolo borgo, circondato da tre cinte murarie erette in epoche diverse che gli valsero l’appellativo di Leone degli Appennini, a cui è probabilmente dovuto il toponimo, il tempo sembra essersi fermato. La piazza del mercato fa ancora bella mostra dei recipienti in pietra utilizzati per la pesa, mentre nella ricorrenza del numero otto – otto torri di difesa, otto baluardi – nella chiesa di Santa Caterina e nell’ospedale di San Giovanni si intravedono tracce di una presenza templare tutta da approfondire.
Intorno, dove un tempo sorgevano importanti miniere di ferro e ferriere, sono numerosi gli itinerari di Trekking da percorrere a piedi, immersi nella natura, accompagnati dallo scrosciare delle acque del vicino fiume Corno.
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