Sibilla o Alcina, qual’è il vero nome della misteriosa veggente dei Sibillini?
Il primo nome dell’entità occulta che abitava i Monti Sibillini è stato consegnato agli scritti il 18 maggio del 1420, quando Antoine de la Salle visitò l’Altipiano di Castelluccio raccogliendo il nome generico di “Sibilla” dagli abitanti del luogo. E’ probabile che questo nome, derivato dalle sibille di Delfi e Cuma, provenga dalla tarda antichità. Tuttavia, nella tradizione popolare, il nome della possente entità che vive nelle recondite caverne, mutuato anche dalle numerose riedizioni dei romanzi cavallereschi in cui la leggendaria veggente trova trattazione, è in prevalenza Alcina. Sibilla è usato come toponimo: “La Sibilla”, equivalente a “Monte Sibilla”.
Armando ed una leggenda da scoprire
A proposito di Alcina, particolare menzione merita un racconto ascoltato in loco. Un anziano del luogo, Armando, non dà per scontato che Alcina faccia semplicemente parte della montagna, assieme alla sua corte incantata. La misteriosa veggente, spiega Armando citando un antico racconto di “diecimila” anni addietro, era una regina appartenente ad un popolo forte, una razza di giganti che vivevano sui monti mentre le terre più basse erano ancora ricoperte dal mare. In quei tempi, spiega il narratore – il Pian Grande ed il Pian Piccolo, che si estendono ai piedi di Castelluccio di Norcia – erano un solo grande lago: sole le cime più alte emergevano dalle acque, come isole, assieme alle catene più elevate. Un giorno, comparve una nuova specie di essere umani, la nostra, dotata di minore forza rispetto ai giganti che abitavano i Monti Sibillini. In seguito ad una lunga guerra, durate settemila anni, la nuova razza riuscì ad avere la meglio sull’antico popolo dei giganti. Il re venne giustiziato, alla regina Alcina, invece, fu concesso di restare in vita ma costretta a restare nelle grandi grotte che s’aprono nel cuore dei Sibillini, le stesse nelle quali viveva. Le fu concesso di tenere con sé la sua corte regale di damigelle, a cui fu imposta la medesima condizione. Così, da regina dei giganti, Alcina divenne regina delle fate e del regno incantato.
Alcina, il genius loci dell’Appennino
La fama della regina – veggente e della sua corte di fate raggiunse ogni angolo della terra, tant’è che cavalieri ed esploratori provenienti da ogni dove si avventuravano nelle oscure grotte dei Monti Sibillini per conoscere cose che agli uomini non è dato conoscere, ma che Alcina era in grado di svelare. Se si esaminano le altre leggende riguardanti la Grotta in cui dimorava la regina degli Appennini, ci si trova dinanzi ad una struttura narrativa caratterizzata da elementi comuni, profondamente significativi, che caratterizzano in modo del tutto peculiare la narrazione. Questi elementi in sintesi i seguenti: nel cavo di un monte, in un regno sotterraneo, abita un’entità femminile di natura non umana: genius loci / fata regina di fate. Nel regno dell’incantatrice vigono coordinate spazio – temporali diverse da quelle vigenti nel mondo degli uomini: le entità che ivi abitano non sono soggette a vecchiaia e morte ne il luogo in cui esse dimorano, pur trattandosi di una contrada sotterranea, è un luogo ameno illuminato dalla luce, vi crescono piante, vi fiorisce la vita.
Curiosando tra le leggende….
La posizione di Alcina, o come la si voglia chiamare, apparentemente è quella di una regina che estende il suo potere su una corte magnifica e su un regno ricco e felice. Ma, a ben vedere, Alcina è l’indiscussa regina di un carcere dorato: prima ancora di essere sovrana, infatti, è prigioniera. La sua corona ed il suo scettro sono illusori come tutto il resto. La consultazione dell’oracolo montano implica il superamento di alcune prove, tra cui: il passaggio attraverso una corrente violentissima, il superamento di un abisso insondabile sul quale fondo del quale corrono acque impetuose attraverso un esile ponte, l’attraversamento di due pesanti porte metalliche che si aprono con ritmo imprevedibile a guardia delle quali sono posti due simulacri di draghi dagli occhi di fiamma. Le prove consistono, dunque, nel superamento di 4 elementi, secondo un iter iniziatico già presente nelle iniziazioni ai misteri dell’Antica Grecia. In merito a queste valenze, propriamente esoteriche, vi è da sottolineare il passaggio attraverso il sottile ponte che scavalca l’abisso, ricorrente anche in contesti sciamanici o nei miti di discesa nel mondo dei morti. Anche nelle saghe del Graal, chi compie la Cerca deve oltrepassare un ponte formato da una lunga spada posta di taglio sull’abisso.
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