Il ruolo di Madre della Chiesa, svolto da Maria, Mater Misericordiae, fa di lei la più potente mediatrice di cui il cristiano possa disporre. L’elargizione di grazie è inseparabile dalla Vergine, come l’abbondanza manifesta la natura di un albero da frutta sano e generoso. Maria è per antonomasia Mater Gratiae, non a caso i numerosi santuari e chiese dedicata in Valnerina alla Madonna delle Grazie, testimoniano la straordinaria importanza del culto della Vergine della Misericordia e la sua intensità specie nell’ambito rurale.
Il “nemico” per eccellenza, nei confronti del quale s’invoca la protezione della Vergine, è il diavolo, principio del male ed autore della sofferenza nel mondo. Nella fede popolare della Valnerina, il demonio non è solo realtà metafisica, la sua presenza nella vita quotidiana è sentita nella sua tragica immediatezza. Il signore degli inferi è, infatti, lo spirito della discordia che suscita le liti, è l’orgoglio che impedisce la riconciliazione. E’ lo spirito della cupidigia che alimenta l’insaziabile invidia e si nutre della altrui disgrazie e, contestualmente, è la presenza nefasta che contagia le malattie fungendo da esecutore della giustizia divina nei confronti dell’umanità peccatrice.
“Nos ab hoste protege“, iscrizione che accompagna frequentemente l’iconografia della Mater Misericordiae, dunque, significa anche proteggici dalle discordie e dalla guerra che oppongono uomo ad uomo ed fratello a fratello. Proteggici dall’infedeltà che distrugge la famiglia, dall’invidia che avvelena la vita dei poveri e dei ricchi, dalle malattie che il progresso scientifico non può curare. Ma, soprattutto, proteggici dal nemico che induce al peccato ed espone il peccatore alle conseguenze della colpa. In Valnerina, un tempo, prima degli antibiotici ed ancor prima dei vaccini, quando qualcuno s’ammalava gravemente, si usava incaricare sette fanciulle illibate di presentare alla Vergine delle Grazie la supplica per la guarigione. Le ragazze, con la testa coperta da un bianco velo, recando in mano la candela rossa accesa, sovente scalze, si recavano dalla casa del malato fino alla chiesa del paese, o alla più vicina cappella dedicata alla Santa Madre.
Un antico componimento popolare, documentato a S.Giorgio di Cascia, narra di un miracolo operato dalla Vergine delle Grazie. Una madre, addormentatasi mentre stava allattando, s’accorge che il bimbo è morto soffocato tra i suoi seni. La donna, pur temendo l’ira incontrollabile del marito, aveva fede nella Santa Madre. La sposa, profondamente devota alla Vergine, svegliò il marito riferendogli che Maria l’ha visitata in sogno: vuole che vadano subito da lei, assieme al bambino. Il marito, sorpreso dal torpore del sonno, mette il bimbo nella cesta senza accorgersi della sventurata morte del fanciullo e, con la moglie in groppa all’asinello, s’avvia verso il luogo di culto. Nel tragitto l’uomo notò il silenzio dell’infante e, nello scoprire la culla in cui riposava il corpicino esanime, trovò un bimbo bello come un giglio, che respirava rischiarato dalla luna e dalle stelle.
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