“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della Nazione.”
La carta costituzionale e l’impegno civico di Alessandra Albanesi
L’articolo 9 della Costituzione Italiana, promulgato nel 1946 ed inserito nei 10 articoli che ne costituiscono i valori fondamentali, non rappresenta solamente un principio giuridico scolpito nella coscienza civica di ciascuno ma un preciso dovere morale che a Castel Santa Maria, nel cuore dell’Appennino più selvaggio, è divenuto un vero e proprio mantra per Alessandra Albanesi e la sua gente, esempi tanto encomiabili quanto tangibili di cittadinanza attiva. Riflettendo più approfonditamente, la presenza dell’articolo 9 tra i modelli morali e giuridici di riferimento per la nostra comunità offre un’indicazione piuttosto significativa sui doveri costituzionali e civici che devono ispirarci, su un modo di pensare e di vivere a cui gli abitanti di Castel Santa Maria vogliono e devono essere fedeli.
Castel Santa Maria, foto d’archivio.
Rinascere dalle macerie
“È nel nostro patrimonio artistico e nella continua ricerca di bellezza che secoli or sono ha ispirato gli artisti, di cui oggi a Castel Santa Maria resta la testimonianza più autentica, che risiede il cuore della nostra identità.” dice Alessandra. Ed è nella cultura umanistica, nell’arte figurativa e nella poesia dei silenziosi Appennini che l’Umbria e la Valnerina trovano la loro declinazione più nobile. E’ un idea forse antica, poco metropolitana ed assolutamente in controtendenza con il progressivo abbandono dell’Appennino ma la comunità di Castel Santa Maria sembra quasi voler ricostruire a mani nude questo tempio, luogo esistenziale dove la nostalgia del passato è inferiore solamente al dolore del presente.
La Chiesa della Madonna della Neve prima del terremoto che devastò la Valnerina nel 1979.
L’iniziativa
Era il 19 settembre del 1979 quando un sisma di magnitudo 5.9 devastò Castel Santa Maria e la Chiesa della Madonna della Neve, santuario a pianta ottagonale ispirato al progetto del Bramante, inizialmente destinato alla realizzazione del complesso architettonico di San Pietro in Vaticano. Da allora, nella quasi totale negligenza delle Istituzioni, difendere le sorti di quel santuario, testimonianza di vita e di storia di cui restano solamente 4 delle 8 facciate, è divenuto parte integrante del DNA dei castellani, come vengono chiamati gli abitanti del borgo. In collaborazione con alcune delle più prestigiose università nazionale, Alessandra e Elisa di Agostino – storica dell’arte nativa di Castel Santa Maria, hanno deciso di accendere i riflettori su questo angolo di Umbria troppo spesso dimenticato. L’appuntamento, dedicato alle ipotesi di restauro del santuario, è fissato alle ore 10,30 del 25 gennaio 2020, presso l’auditorium Santa Chiara di Cascia.

Perché conservare e valorizzare il patrimonio artistico e culturale del Paese?
E’ proprio il termine “preservare” che racchiude in sé la risposta, poiché nel suo significato è nascosta l’incontrovertibile connesione con l’identità culturale ed antropologica di ciascuno. Preservare ed, aggiungiamo, valorizzare un patrimonio – qualunque esso sia – ha senso solamente se c’è l’uomo: un individuo, che in esso possa riconoscere la sua particolare ed universale umanità. E’ bene che la memoria del proprio passato sia una memoria critica, che sappia guardare ai corsi e ricorsi storici che lo hanno contraddistinto esaltandone il bene riconoscendone il male, per opporvisi. . In ogni uomo la ricchezza del suo presente e la bellezza del suo futuro sono frutto di pensiero, cultura e memoria storica, eppure la storia è in continua evoluzione verso il futuro e il presente vive di nuove ed originali idee, cui ciascuno contribuisce con la sua unica e specifica identità. Il patrimonio culturale fissa l’uomo nella sua unicità e peculiarità di individuo: diventa storia e, come la storia, è espressione di un pensiero in continua evoluzione rendendo cosciente ciascuno di noi della nostra appartenenza ad una grande comunità: l’umanità intera, della quale ogni individuo condivide l’essenza, le qualità e le imperfezioni.

Un pizzico di storia
La chiesa della Madonna della Neve di Castel Santa Maria, fu eretta sopra un precedente sacello. Un manoscritto del 13 ottobre 1565 riporta i nomi di coloro che posero la prima pietra: Don Pomponio Tibaldeschi, vicario del Vescovo di Spoleto,pose la prima pietra, la seconda fu collocata per mani da Don Giovanni Battista Seneca Pievano della chiesa di S. Maria della Plebe a Norcia, mentre la terza pietra spettò a Bartolomeo Ranieri. La genesi del santuario è invece riconducibile ad un suggestivo miracolo: un pastore, rimasto intrappolato sotto la neve, si votò alla Madonna e fu ritrovato vivo dopo 3 giorni passati sotto la coltre gelata. Tuttora, in queste absidi, stanno
sbiadendo gli affreschi degli Angelucci da Mevale, antesignano di una delle scuole pittoriche più rinomate del XVI. Sotto allo strato di pittura stanno oggi emergendo i disegni preparatori e sotto all’altare principale è stata ritrovata una colonna romana, simbolo di una continuità di culto almeno millenaria.
Dettaglio pittorico del Santuario.
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