Chi erano i mannari?
Nel pensiero magico e religioso della Valnerina, si credeva che la licantropia fosse provocata da un surriscaldamento del sangue che costringeva il malato a cercare refrigerio nell’acqua fredda (generalmente, la crisi si manifesta in concomitanza del plenilunio). Secondo la tradizione, la malattia del “mannaro” può essere curata in modo definitivo se si riesce a pungerlo con una punta di ferro e far uscire qualche goccia di sangue. Il licantropo, pur nella sua aggressività, non appartiene malvage poiché non è responsabile dei danni che può produrre quando è preda delle sue crisi. Ancor prima, non è responsabile della propria malattia, che la tradizione non interpreta come castigo divino. Questo lo pone al riparo da sanzioni morali. Anzi, cosciente di essere pericoloso, il “mannaro” spesso avverte i suoi congiunti di stare attenti, di non avvicinarsi a lui quando diventa lupo, perché non vuol far lor del male. Le leggende raccolte in Valnerina (e che vi racconteremo nelle prossime righe) permettono di dedurre che il complesso mitico del licantropo fosse un tempo assai diffuso sul territorio e che offrisse una ricca casistica, ma, in declino fin dagli inizi del Novecento, è ora ridotto ad uno sbiadito e distorto ricordo.
Occhio al “mannaro” !
A Roccatamburo, la madre di una nostra informatrice, si recava di notte ai campi dove i “pajaroli” avrebbero raccolto la paglia dopo la mietitura. Giunta sul luogo, la donna si avvicino ad una pozza d’acqua sorgiva e scorse, accanto ad essa, dei panni sparsi sul suolo. Spinta dalla curiosità, si avvicinò ancora e vide, intento a bagnarsi, un uomo del paese. Il “mannaro”, accortosi d’essere stati visto, iniziò ad urlare slanciandosi all’inseguimento dell’inopportuna compaesana. La donna era giovane e correva veloce, in più ebbe l’intuito di non percorrere una scorciatoia che portava in paese ma una via più lunga. Il “mannaro”, per fortuna della giovane, seguì la scorciatoia salvando la pelle.
Il lume della…SPERANZA
A Castel San Felice, i lupi mannari erano particolarmente inclini ad attaccare le persone. Il licantropo, proprio come i lupi, ha paura della luce e, nel vedere un lume, si nasconde o fugge. Per questo, i vecchi di Scheggino, quand’erano costretti a passare nei pressi del fiume Nera durante la notte, portavano il lume ad olio acceso per non essere attaccati dai lupi mannari. Una nostra informatrice ricorda la madre di una ragazza che lavorava al suo servizio arrivare, di sera, a riprendere la figlia col lumino ad olio accesso sotto il grembiule.
Guarire un licantropo a colpi di lama
A Monte San Vito, c’era un licantropo che, di notte, scendeva a valle, per gettarsi nelle acque del Nera. Una di quelle notti, una madre si recava a Ceselli assieme al figlio claudicante ad una gamba. Il bimbo, che era rimasto indietro, venne assalito dall’uomo-lupo che voleva rapirlo. La donna si gettò addosso alla bestia ferendola con un coltello. La fuoriuscita del sangue lo curò all’istante.
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