Dopo l’assorto silenzio dei giorni della Passione, lo scioglimento delle campane, che prima del Concilio avveniva al mattino del Sabato Santo, era accolto in Valnerina tra manifestazioni di giubilo e riti propiziatori.
A Onelli di Cascia, si usava ballare in piazza al suono dell’organetto: un anziano del luogo, Ugo Spuntarelli, rievoca con profonda nostalgia quel tripudio sonoro che empiva le valli, cui faceva eco il suono di campane vicine e lontane. Anche a Offida, nell’Ascolano, ragazzi e ragazze vestiti a festa si prendevano per mano e ballavano in tondo cantando antichi canti della Resurrezione.
A Rocchetta di Cerreto di Spoleto, quando «sciojeano le campane», quasi a imprigionare la sacra onda sonora, i contadini si affrettavano a legare assieme ramoscelli di alberi da frutto perché, spiegava Pierina Todini memore degli insegnamenti degli avi, «diceano che portavano tanta maggior frutta». Lo stesso facevano i contadini delle Marche.
Al suono novello, nunzio della Resurrezione, era attribuito un potere di rinnovamento e rigenerazione: nel Casciano e nel Nursino le madri facevano muovere i primi passi ai loro piccoli: avrebbero imparato a camminare più in fretta.
Lo stesso accadeva nelle Marche e in Abruzzo. A Norcia, Serravalle, Todiano di Preci, Ospedaletto e Castelluccio di Norcia, invece, stendevano al suolo i bambini e li facevano ruzzolare (scuturà) per preservarli dai dolori di pancia: «dicevano che era come ‘na benedizïone, li levavano dal diavolo». Scandendo l’ultima frase, l’ultranonagenaria Orsola Leopardi di Serravalle di Norcia diventò seria e ci fissò negli occhi.
A Preci, le madri esortavano i figli a rotolarsi al suolo finché durava il suono delle campane: «Méttite pe’ terra, cutùrate, cutùrate!» dicevano loro. Ridesta dal letargo invernale, pregna del sacro suono, la terra germinante offriva intatti i suoi poteri salutari e terapeutici.
In Abruzzo, per tutto il tempo in cui le campane suonavano, donne e bambini si rotolavano al suolo per restare immuni per un anno dai mali al ventre. Gli uomini lo facevano lontano da sguardi indiscreti. Le ragazze di Vasto in Abbruzzo, scioglievano le chiome esponendole alle sonore vibrazioni dei bronzi perché crescessero belle e folte.
A Norcia, aprivano i rubinetti di casa per far sgorgare l’acqua penetrata dal suono nuovo, resa salutare da colui che ha vinto la morte. Quando in casa l’acqua non c’era, si correva al fontanile, come usavano nei paesi della Valle d’Aosta dove, oltre a bere l’acqua sacra della Resurrezione, ci si lavava il viso per assicurarsi buona salute.
Il suono nuovo, inoltre, penetrando dalle finestre spalancate, avvolgeva santificandoli i cibi della colazione pasquale esposti sul desco sopra la tovaglia di lino fresca di bucato e scacciava il male da ogni angolo della casa che le laboriose pulizie quaresimali avevano reso netta e degna di accogliere la benedizione del Risorto.