Le rappresentazioni della Vergine nell’arte sacra della Valnerina, fin dalle origini, traggono ispirazione da due tematiche fondamentali: la prima è costituita dagli episodi salienti della vita di Maria, narrati dalla voce dei Vangeli; il secondo tema d’ispirazione artistica deriva dalla meditazione sugli attributi coi quali la Chiesa si rivolge alla madre di Dio e sulle funzione da essa svolte nel seno della Chiesa stessa, nella vita di ogni fedele ed, in generale, nell’ambito del disegno di salvezza inaugurato dall’incarnazione del Verbo. Secondo la tradizione biblica la Vergine accolse l’annuncio della propria maternità con la certezza che <<nulla è impossibile a Dio>> (Lc 1,37) ed, allo stesso tempo, dichiarò la propria totale disponibilità a rendersi strumento umano del disegno divino.
La libera adesione di Maria, espressa dallo “ecce ancilla domini”, costituisce un elemento irrinunciabile per intendere la dinamica del disegno di salvezza, il quale non può essere realizzato senza la cosciente convergenza della volontà della creatura con quella del Creatore. Queste riflessioni sono essenziali e scaturiscono tutte da un solo, imprescindibile tema di meditazione che riguarda il rapporto tra Dio e l’uomo: l’onnipotenza divina s’arresta dinanzi a semplice “si” o “no” proferito dalla creatura. La libertà di scelta da parte dell’uomo è l’unico, invalicabile limite che Dio impone a se stesso.
Il concepimento verginale di Maria porta a compimento l’annuncio del profeta Isaia: <<una vergine concepirà e darà luce ad un figlio>>, ma è solo una delle espressioni della sua verginità: Maria <<fu vergine al momento di concepire suo Figlio, vergine durante la gravidanza, vergine nel parto, vergine sempre>>, concetto espresso in greco dall’aggettivo aeiparthenos, “sempre-vergine”. Nel ciclo liturgico dell’anno, la festa dell’Annunciazione cade il 25 marzo, quasi in concomitanza con l’equinozio di primavera che segna l’entra del sole in Ariete, segno di fuoco che caratterizza la genealogia terrena del Cristo, appartenente alla tribù di Davide e, in essa, al ramo di Jesse: il fuoco celeste.
Il ciclo cristico, così come è stato fissato e consegnato dalla tradizione della Chiesa, coincide con due momenti significativi dell’anno: l’equinozio di primavera, giorno in cui avviene l’Annunciazione – la medesima in cui Numa pose l’inizio dell’anno e gli antichi calendari caldei avevano posto l’inizio del cosmo- e la nascita del Cristo, che corrisponde al solstizio d’inverno – data che segna l’effimero trionfo delle tenebre sulla luce, coincidendo con la notte più lunga ed il giorno più corto dell’anno. Quando la notte, ormai, sembra aver vinto, quella stessa notte, a mezzanotte, inizia la sua sconfitta e, giorno per giorno, il tempo concesso alle lunghe notti d’inverno viene riconquistato dal sole, fino al momento dell’apoteosi, quando l’astro nella sua culminazione meridiana non proietta più ombra e la notte è ridotta ad un breve sogno tra un tramonto e un’aurora.
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