Una tradizione alquanto insolita
In Valnerina, fin dagli anni Cinquanta del secolo scorso, il neonato veniva fasciato strettamente dal petto in giù. Non v’era bimbo che non fosse sottoposto a questa costrizione la quale impediva ogni movimento lasciando libere soltanto le braccia. Ovunque si credeva fermamente che la fasciatura evitava al bambino di crescere con le gambe storte. Le fasce, un tempo, erano intessute in casa utilizzando il fresco lino o la tenace canapa e consistevano in rotoli larghi una quindicina di centimetri e lunghi circa un metro e mezzo. Sul corpo, prima di procedere alla fasciatura, si avvolgeva un panno di lino detto “fasciatore” o “piaghettino“.
Quando durava la fasciatura dei neonati?
Riguardo al tempo in cui era mantenuta la fasciatura, variava da un minimo di sette-otto mesi ad un anno ed oltre. In alcuni casi si toglievano le fasce solo quando il bambino aveva raggiunto l’età per muovere i primi passi. Quando le madri si recavano a lavoro nei campi, se il tempo era bello, portavano con sé il pargolo avvolto nelle fasce dentro un recipiente di legno (“bigunzu”). Il fatto che il bambino non fosse fasciato era considerato un’anormalità ed era reputata deplorevole la sua condizione, dovuta ad estrema povertà.
Dall’antica Grecia alla verde Umbria
L’uso umbro di fasciare i neonati è stato ereditato dai lontani avi. Greci e Romani, infatti, usavano stringere in bende di stoffa non solo gli arti inferiori dei loro pargoli, ma anche le braccia serrandole al busto. “Spàrganon” si chiamava in Grecia la striscia di tessuto usata per fasciare i bambini. Platone consigliava di non togliere ai bambini le fasce prima dei due anni d’età. Aristotele invece, al contrario di Platone, giudica un’aberrazione costringere i bambini in quel modo poiché una fasciatura troppo stretta impedisce alle membra di svilupparsi regolarmente.
La fasciatura come status symbol
Nel mondo classico, le fasciae romane e le spargàna greche spesso denotavano l’appartenenza alla classe sociale: i figli delle famiglie altolocate potevano essere avvolti in fasce tinte con la costosa porpora tiria. Oltre alla fonti scritte, esiste una copiosa iconografica archeologica che permette di conoscere esattamente lo sviluppo di un costume che è perdurato fino ai nostri giorni. Anche gli Etruschi fasciavano i bimbi, includendo il torace e le braccia, come mostrano i numerosi ex-voto di bambini rinvenuti nelle stipe votive e conservati nei musei.
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