Il Santuario di Roccaporena, opera dell’architetto torinese Oreste della Piana e realizzato con pietra locale, fu consacrato e aperto al culto nel 1948. Nel portico antistante la facciata, nel 1968, venne posta la statua di Rita, plasmata dal genio creativo dello scultore romano Venanzo Crocetti. La Santa degli Impossibili, raffigurata con le braccia levate e lo sguardo rivolto al cielo, non veste l’austera tonaca monacale, ma con le rustiche vesti delle popolane del tempo, filate attorno ai fuochi della sera e tessuto su primitivi telai. Dall’atteggiamento si direbbe che ai suoi piedi, invece del terso specchio d’acqua, giaccia il corpo esanime del marito Paolo trafitto dai sicari. Sembra che Rita, sposa e madre, stia chiedendo a Dio il perché di quello scempio, il senso di quella prova crudele. Entrando dalla porta che immette alla navata centrale, sulla parete di sinistra, l’immagine a mosaico di Santa Chiara in vesti francescane, con cordone e giglio nella mano. A seguire, sulla parete vi è un’iscrizione in latino: ROSARUM TUARUM ODORE ALLECTI AD TE RITA UNDIQUE CURRUNT FIDELES / A TE DISCANT OMENES QUOMODO CHRISTUM SANCTE SEQUANTUR: <<Attratti a te, o Rita, dall’odore delle tue rose, da ogni parte accorrono i tuoi fedeli. Imparino tutti da te a seguire santemente Cristo>>.
Sull’arco dell’abside, corre a scritta in mosaico: IUXTA CRUCEM RITA VULNERATA A CHRISTO DOMINO CORONATUR: << Presso la croce, Rita Vulnerata da Cristo signore è coronata>>. Il tamburo dell’abside poggia su cinque archi che fanno da sfondo all’altare. I pilastri degli archi, rivestiti a mosaico, sono decorati da tralci di viti ricchi di grappoli, con cespi di rose e, accanto a tabernacolo, un arbusto spinoso allude in modo efficace ai rovi che lacerarono l’anima di Rita ed allo stigma che le trafisse a fronte. Nel Santuario di Roccaporena, in una parte della cappella di destra, è conservato il soprabito di pelliccia d’agnello, o più probabilmente di capretto, che secondo la tradizione che supera i 400 anni di età, sarebbe stato indossato da Rita per difendersi dai rigidi inverni della montana Roccaporena. Le veste, nota popolarmente come “pelliccione”, oggi è mostrata ai devoti nell’elegante teca d’argento scolpita dall’incisore milanese Alessandro Terragni. Sulla destra del manto, la scultura di un cespo di rose. Il rettore del Castello di Poggioprimocaso, Attilio De Sanctis, nativo di Roccaporena e per molti anni prevosto della chiesa parrocchiale di S.Montano, nel 1626, mostrò alla commissione che avrebbe dovuto provvedere alla beatificazione di Santa Rita, tale veste sostenendo di aver ricevuto questo manto da Lucia di Giovanbattista, una donna che vantava qualche legame di parentela con la Santa degli Impossibili. Attilio, che aveva conservato il pelliccione con gran devozione, sosteneva che le partorienti si servivano di quella veste “pro facilitando partu” – per facilitare il parto – e gli ammalati “pro recuperanda sanitata” – per recuperare la salute, a sottolineare il potere taumaturgico della veste appartenuta a Santa Rita.
Sull’altare della navata di destra, la triplice vetrata raffigura, a sinistra, Sant’Agostino col pastorale; al centro Rita che riceve la spina; a destra, in vesti francescane, con libro e bordone, San Giacomo della Marca, l’ispirato da Dio, il tuono ridestò e squassò l’anima di Rita. Per quanto riguarda l’esecuzione dei lavori per la decorazione del Santuario di Roccaporena, vi è da ricordare un fatto narratoci da Don Sante Quintiliani, figura storica del territorio: furono accolti i suggerimenti dei vari fedeli che lasciavano nel tempio messaggi scritti, nei quali esprimevano come avrebbero desiderato che il Santuario fosse decorato. I fedeli di Roccaporena volevano un tempio diverso da quello di Cascia, di pianta più consona alle tradizioni del luogo e decorazioni in stile più sobrio. Don Sante, tenendo conto dei suggerimenti, seguì personalmente gli artisti impegnati nell’opera, a volte suggerendo loro le tonalità di colore da usare, come nelle due teorie degli angeli nell’abside, dei quali si distinguono appena le forme nel cilestrino sfumato, illuminato qua e là da barbagli dorati. Quasi a non voler distogliere l’attenzione dei fedeli dal maestoso Padre raffigurato nel catino e da Gesù che agonizza sulla croce accanto alla Madre, guardando al morente ed ai santi che lo circondano, ci si sovviene della profonda realtà delle sue parole: “Se il seme non cade nel terreno, e non muore, non può dar frutto”.
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Nei dintorni:
- Cascia, la Città di Santa Rita;
- Monteleone di Spoleto ed il Museo della Biga;
- Poggiodomo, la Terra del Cardinale;
Da vedere:
- Roccaporena, il borgo in cui nacque Santa Rita da Cascia;
- Lo Scoglio;
- La Grotta d’Oro;
- La Casa Maritale di Santa Rita;
- La Casa Paterna di Santa Rita;
- Il Santuario di Roccaporena;
- L’Orto del Miracolo;