La Pasqua – festa del passaggio (pesah) – secondo la tradizione mosaica prevedeva l’uccisione di un agnello delle cui carni si cibavano i partecipanti al sacro banchetto, cinte le vesti e stando in piedi a ricordare la fuga dall’Egitto. Nella nuova Pasqua, inaugurata dall’incarnazione e portata a compimento dalla morte e resurrezione, l’innocente Figlio di Dio sostituisce la sua persona all’agnello pasquale, dà le sue carni da mangiare sotto le specie eucaristiche del pane e del vino sicchè l’Agnus Dei diviene il simbolo dell’eucarestia. Nell’arte sacra della Valnerina le rappresentazioni dell’Agnus Dei sono molto frequenti, specie su facciate di chiese ed abbazie e, specie nel Medioevo, ne dichiaravano l’appartenenza all’Ordine Benedettino.
Nel timpano della facciata dell’Abbazia dei Santi Felice e Mauro, opera dei maestri lombardi, sotto un archetto sorretto da due colonnine, all’interno di una piccola abside a forma di conchiglia – simbolo della rinasciata battesimale – si staglia l’Agnus Dei, simbolo del Cristo sacrificato e risorto. L’agnello osserva dall’alto chi giunge mentre, con una zampa, soregge la croce astile poggiata sull’astragolo. La sacra bestia rivolta a sinistra di chi guarda, come in questo caso, esprime il cammino sacrificale del Cristo crocifisso; la testa volta verso lo spettatore, però, connota il Cristo glorioso che ha vinto la morte. La posizione zenitale dell’Agnus Dei si accorda col carattere del simbolo il quale rimanda all’idea del “solstizio eterno” inaugurato dalla vittoria del Christus – Sol Inuictus sulle potenze della tenebra e della morte.
Posto alla sommità ed al centro del timpano di questa chiesa, eretta nel 1194, l’Agnus Dei occupa la posizione corrispondente alla Polare, astro che non conosce declino. Attraverso i simboli della conchiglia e dell’Agnello crucigero, l‘Agnus Dei proclama il ruolo insostibuile dei due sacramenti dei quali uno – il battesimo – consente al fedele di essere parte del Corpo mistico del Cristo; l’altro – l’eucaristia – gli permette di seguire la vita tracciata dal Mestro ottenendo la salvezza. Le gesta dei due santi scolpite sopra l’entrata del tempio – l’uccisione del drago e la resurrezione del figlio della vedova – proclamano l’efficacia dei due sacramenti che, in sintonia con la pratica delle virtù di cui Cristo fu modello supremo, permettono alla creatura di raggiungere la santità ed alla santità stessa di operare nel mondo per il bene degli uomini e del creato. Il simbolo del drago, oltre alla locale leggenda agiografica che narra della bonifica della valle paludosa da parte di Mauro, corrisponde a Satana “Serpens Antiquus”. Dalla medesima prospettiva, la figura del santo sauroctono è allegoria del cristiano vittorioso nella lotta contro il male.
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