Un’usanza da scoprire
In alcune località della Valnerina, il mercoledì santo le donne del borgo provvedevano a pulire da cima in fondo la chiesa: lavavano gli arredi, spazzavano e detergevano i pavimenti, toglievano la polvere e pulivano le panche in modo che la chiesa fosse pronta ad accogliere i “Sepolcri”. Nello stesso giorno, i “compagni” delle locali confraternite, lavavano le loro tonache. Quest’ultimi, con l’abito fresco di bucato, avevano l’obbligo di di suonare le campane del giorno di Pasqua. Nelle tradizioni contadine umbre, il nome “Sepporgri” designa delle speciali preparazioni vegetali, destinate ad ornare gli altari del Venerdì Santo, ottenuto facendo germogliare al buio grano e/o legumi. Questa particolare usanza, si inserisce nel contesto pasquale di resurrezione della potenza vegetativa della terra. Esporremo di seguito alcuni metodi ottenuti, in varie località della Valnerina, per preparare i “sepporgri”:
1)Cosa succedeva nella Città di Santa Rita in occasione dei “Sepolcri”
A Cascia e dintorni, per adornar gli altari durante la Settimana Santa, si preparavano dei grandi vasi, o delle cassette di legno colme di terra nelle quali si seminavano legumi. Tali contenitori erano mantenuti allo scuro in cantina, o in stalla, coprendole e sistemandole sotto un mucchio di letame per garantire il tepore necessario alla germinazione. I germogli dovevano essere bianchi, condizione essenziale affinché venissero esposti al pubblico.
2) Usi e costumi vigenti a Monteleone di Spoleto
Nei pressi di Monteleone di Spoleto, il colore dei germogli cresciuti al buio doveva essere giallastro. Qui, la tradizione imponeva di riempire abbondantemente un vaso di lenticchia, la quale veniva successivamente ricoperta di terra per poi essere conservata al buio. Germogliando, il legume produceva sgargianti fiori gialli.
3) Norcia ed i “Sepolcri”
Nel territorio di Norcia, si seminava lenticchia ed “orzètta” dentro barattoli di latta. Una volta che i germogli erano cresciuti, prima di portarlo in chiesa, si adornava il vaso con carta colorata ed, al centro, si sistemava un lumino autocostruito: in una lattina si versava dell’acqua e, sopra dell’olio; si preparava un galleggiante usando tre tappi di sughero uniti da un ritaglio di latta munito di un foro centrale attraverso il quale passava lo stoppino ricavato, a sua volta, utilizzando le frange di vecchi asciugamani di lino.
Riproduzione riservata ©