La catena appenninica, all’interno della quale si colloca Monteleone di Spoleto, si configura come un territorio mineralmente povero. Prevale la roccia calcarea rivestita di un sottile strato terroso che nelle zone esposte ai venti ed alle tempeste si slava e si impoverisce fino ad impedire alla vegetazione di crescere e germogliare. Il suolo di Monteleone di Spoleto, oltre alla ricchezza del legname, ne nasconde altre: oro, ferro, lignite e creta. Sono risorse tipiche di questa terra che non trovano riscontro nei territori limitrofi.
Secondo le fonti documentate dallo storico Piersanti, che trovano ampio riscontro nei racconti e nelle tradizioni del luogo, nel 1701 le miniere di Monteleone custodivano significativi giacimenti auriferi : << al riferir dei più vecchi paesani che vi lavorarono fu fatto far l’assaggio dell’oro e del ferro per ordine della santa memoria d’Urbano VIII e di quello (oro) fece far medaglie e del ferro pettobotti ed altri lavori, ma per la mutazione del Governo e per l’esperienza dell’eccessiva spesa che vi si richiedeva, fu tralasciata ogni altra cava e proseguita quella del ferro. >> . Non a caso, in località Rescia, si colloca il cosiddetto “Fosso d’oro”, un luogo in cui le voci metalliche dei minatori rispondono agli echi del vento e di una natura selvaggia, idilliaca. Intorno agli anni trenta alcuni cittadini di Monteleone di Spoleto, consapevoli del contenuto del toponimo – Colle del Capitano ne aveva dato conferma – effettuarono delle ricerche a Fosso d’Oro e prelevarono in vari punti della terra bruciandola in rudimentali crogioli e ricavandone alcune gocce d’oro. E’ proprio al Pontefice Urbano VIII che va riconosciuta la valorizzazione dei giacimenti del monteleonese: nel 1634 il Santo Padre, coadiuvato del Cardinale Fausto Poli (nativo di Usigni, pittoresco borgo situato nel territorio di Poggiodomo), commissionò la realizzazione di un importante tratto stradale che collegava Norcia e la vicina Cascia al borgo di Monteleone e potenziò, in aggiunta, la viabilità presistente che congiungeva la Valnerina alle principali arterie stradali – ancora oggi percorse – così da facilitare il trasporto del legname e del ferro grezzo.
I documenti, in cui le miniere del monteleonese trovano menzione, accennano frequentemente alla loro antica esistenza tanto che gli storici non indugiano nell’utilizzare il verbo “furono riattivate”, sottolineandone le fortune alterne. A ricordo dell’entrata in esercizio della fonderia furono scolpite due lapidi e coniate due medagli una della quali conservata nel Comune di Monteleone di Spoleto, andata poi perduta durante i confusi eventi della Seconda Guerra Mondiale. I lavori alla ferriera proseguirono stentatamente fino al 1730, quando il violento terremoto che colpì la Valnerina danneggiò irrimediabilmente gli ambienti dell’impianto di estrazione. Nel 1809 il Presidente del Dipartimento del Trasimeno, durante l’occupazione napoleonica, inviò a Monteleone di Spoleto l’Arch. Pietro Fontana di Spoleto per esplorare la zona con l’intento di riattivare le miniere del territorio. Il Fontana scoprì, invece, la presenza di lignite nella vallata del torrente Vorga, affluente di sinistra del fiume Corno, e poiché lo strato aveva uno spessore di oltre tre metri, si procedette tempestivamente con l’apertura della miniera di lignite il cui prodotto venne trasportato nel ternano per essere poi utilizzato nelle fonderie della città.
RIPRODUZIONE RISERVATA ©
Da vedere:
Nei dintorni:
- Cascia, la Città di Santa Rita;
- Preci, il Paese dei Chirurghi;
- Norcia, la Città del Tartufo;
- Scheggino, il Diamante Nero della Valnerina;
- Santa Anatolia di Narco, la Valle del Drago;
- Vallo di Nera, il Borgo-Castello;
- Cerreto di Spoleto, il Paese dei Ciarlatani;
- Poggiodomo, la Terra del Cardinale;
- Monteleone di Spoleto, il Leone degli Appennini;
Itinerari suggeriti:
- Cascia, Monteleone di Spoleto, Poggiodomo – Itinerari e luoghi dell`arte;
- Sant`Anatolia di Narco e Scheggino – Itinerari e luoghi dell`arte in Valnerina;
- Vallo di Nera e Cereto di Spoleto – itinerari e luoghi del l`arte in Valnerina;