Eremiti in Valnerina
Testi agiografici come gli “Acta Sanctorum” dei Bollandisti (i gesuiti fiamminghi che nel ‘600 pubblicarono una monumentale opera, articolata in 53 volumi, dedicata alla vita dei Santi, fra cui Felice e Mauro di Narco) riferiscono di evangelizzatori giunti dall’antica Siria in Valnerina tra il IV ed il VI secolo. Secondo gli storici Bracceschi e Jacobilli l’infiltrazione siriana divenne massiccia solamente a partire dal 516, quando sulle sponde dell’antico Nera sbarcarono “300 Siri”, la cui opera di evangelizzazione in loco fu fortemente ostacolata dal millenario radicamento del paganesimo ancestrale. Scrive Ludovico Jacobilli : “Nell’anno di nostra salute 516, si partirono per voto delle città di Antiochia, Gerusalemme, Cesarea, Tiro, Sidone e Damasco di Siria 300 huomini christiani quasi tutti parenti fra loro, spinti dal desiderio santo di servire Dio, abbandonarono parenti, amici, patriae e pervennero in Valnerina sotto la guida di uno di loro, come più vecchio ed eminente, che si chiamava Mauro”. Il padre di San Felice di Narco sarebbe stato pertanto, secondo lo storico Jacobilli, tanto la guida spirituale dei 300 siriani giunti in Italia nel VI secolo quanto il fondatore dei movimenti eremitici di cui ancora oggi la Valnerina custodisce le vestigia. Fu così che il monachesimo d’influsso orientale si integrò col monachesimo cenobitico benedettino, che risponde al nome di un monaco divenuto icona di spiritualità e misticismo: quel Benedetto da Norcia nato nel 480 e divenuto poi Patrono d’Europa.E
Due monaci siriani ed un eremo avvolto nella leggenda
Nell’habitat rupestre della Val di Narco, in prossimità del fiume Nera, Mauro trova una grotta ove conduce col figlio Felice e la nutrice una vita eremitica fatta di lavoro, preghiere e digiuni. Tra i Narcani, vale a dire gli abitanti della Val di Narco, si diffonde presto la fama di quegli eremiti “prodigiosi”, meritevoli di essere addirittura citati dal pontefice Gregorio Magno dei “Dialoghi” come modelli di vita e di santità. L’insediamento eremitico di Mauro e Felice, evoca, in particolare, l’ uccisione del “mortifero drago” che regnava in Val di Narco, la cui presenza è particolarmente ricorrente nell’agiografia medioevale umbra. Il drago altro non è che l’allegoria delle epidemie pestilenti che, a causa dello continuo straripare del Nera, decimavano la popolazione relegandolo a sofferenze inaudite. Oggi, in corrispondenza di quell’eremo di cui non restano tracce, sorge l’Abbazia dei Santi Felice e Mauro, perla dell’Umbria ed icona della Valnerina nel mondo.
L’Eremo della Madonna dello Scoglio, storia di un’antica apparizione
Nelle vicinanze di Casteldilago, nel comune di Arrone, si trova il caratteristico santuario della Madonna dello Scoglio che sorge in posizione panoramica addossato alla parete di roccia dalla quale prende il nome. Sorto su un sito eremitico si compone di una ex sacrestia e di una piccola chiesa dove viene venerato un affresco, Madonna con Bambino, dipinto sulla roccia e molti ex voto dipinti che testimoniano la devozione secolare dei fedeli. Nel periodo estivo è punto di arrivo di una tradizionale processione al termine della quale gli uomini del luogo, armati di carabine, sparano in aria da una parte all’altra della valle. L’edificio, di origine cinquecentesca (ampliato nel XVII e XVIII secolo), venne costruito intorno a un immagine della Madonna dipinta su roccia (generosa dispensatrice di grazie, secondo la tradizione,) apparsa nel luogo a G. Pietro Lelli, nobiluomo di Casteldilago.
Polino e l’eremo di Sant’Antonio Abate, quando la devozione popolare incontra il romanico spoletino
Volendo descrivere architettonicamente l’eremo di Sant’Antonio, agli occhi balza subito un dato piuttosto singolare. L’insediamento, infatti, si compone di due sezioni ben distinte: la grotta – consacrata a Sant’Antonio Abate e con molta probabilità già sede di celebrazioni pagane – e la chiesa romanica, il cui portale rinascimentale è sostenuto da un piccolo campanile a vela. All’interno, alcuni affreschi di incerta datazione e due statue: santi Antonio da Padova ed Antonio Abate. L’eremo si trova ai piedi del Monte la Croce, lungo la mulattiera che risale da Polino alla “Cava dell’Oro”, utilizzata in passato per raggiungere Monteleone di Spoleto. Ogni anno all’Eremo si dirigono due suggestive processioni che, prima a Gennaio poi a Giugno, partendo dalla Chiesa di San Michele Arcangelo, rendono grazie ai due santi cui l’eremo è consacrato. Durante le celebrazioni in onore di Sant’Antonio Abate (il 17 gennaio), i fedeli sono soliti segnare le ginocchia con l’acqua che zampilla dalla roccia per prevenire o curare i dolori artici e reumatici.
Un eremo divenuto chiesa
In prossimità della Strada Statale Valnerina, nelle immediate vicinanze di Piedipaterno si trova la chiesa dell’Eremita (ex monastero vallombrosiano di Santa Maria de Ugonis). Sorta su un sito eremitico, questa struttura ha caratteri unici rispetto allo stile romanico diffuso in Valnerinaed ha ricoperto un ruolo di primaria importanza come uno dei maggiori centri religiosi della Valnerina. La chiesa, edificata nel XI secolo, ha la porta d’ingresso (a monte) verso la via montana che al tempo era la principale via di comunicazione data l’impraticabilità del fondovalle invaso dalle acque del Nera. La cripta a croce greca ne è il tratto distintivo, unico esempio nella zona. All’interno, a navata unica, resti di affreschi del XV-XVI e XVII secolo, tra i quali una Madonna con Bambino del Maestro di Eggi. Alcune opere di valore sono state nel tempo trafugate come la veneratissima statua lignea della Madonna dell’Eremita (XIII secolo) che, dopo essere stata trafugata nel 1973, è stata casualmente identificata presso una casa d’arte milanese e successivamente donata alla comunità locale nel 1998 dagli ultimi proprietari.
Beato Giolo da Sellano e quell’eremo ai confini dell’Umbria
Il beato Giolo (o Jolo), fu un eremita nato a Sellano nel 1250 e morto nel 1315. Nella vita si distinse per la sua capacità di risolvere i contrasti tra le famiglie e i comuni della zona vivendo un’esistenza di preghiera e penitenza. Il suo miracolo più conosciuto è quello che narra di una tonaca piena di carboni ardenti da lui portata nella grotta senza che l’indumento si bruciasse. La forte devozione popolare fece si che Giolo l’eremita fosse chiamato beato dalla popolazione locale con beneplacito del vescovo di Spoleto che concesse la possibilità di festeggiarlo a partire dal 1780. La grotta dove visse Giolo si trova in una località impervia ai confini settentrionali del comune di Sellano oltre l’abitato di Forfi. Il luogo è ancora oggi molto frequentato dai devoti che credono nel potere curativo delle sue rocce e delle sue acque che secondo la tradizione liberano dalle infermità. Nei pressi della grotta fu fatta edificare, intorno al XVI secolo, la piccola chiesa di San Lorenzo.
L’Eremo della Stella, “laddove non si vede altro che due palmi di cielo“
Le vicende storiche dell`Eremo della Madonna della Stella risalgono al secolo VIII quando, alla confluenza di Valle Noce e Valle Marta, lungo gli antichi itinerari che, provenienti da Leonessa e Cascia, confluivano verso il Gastaldato Pontano e quindi verso Spoleto, capitale dell`omonimo ducato longobardo, sorse il Monasterium S. Benedicti in Faucibus o in Vallibus, soggetto all`Abbazia di S. Pietro di Ferentillo fatta edificare nel 720 dal duca Faroaldo. Il Santuario della Madonna della Stella e le grotte eremitiche aperte nella parete rocciosa, sono ubicate in una strettoia ombrosa, Valle Noce, posta tra Monte Maggio e Monte Porretta. Ad incorniciare il sentiero che porta fino all’Eremo, un limpido ruscello che nasce sui versanti orientali del Monte Porretta, formando una piccola cascata a poca distanza dal Santuario. Come scrisse lo storico Marco Franceschini, quegli antichi eremiti scelsero di vivere «in mezzo a due altissimi monti, dove non si vede altro che due palmi di cielo». Nulla distoglie l’attenzione dalla meditazione e dalla preghiera in questo luogo.
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