L’Umbria tra preistoria e protostoria
In Valnerina, il lavoro di ricerca e di ricostruzione storiografica relativo allo sviluppo della civiltà preistorica e protostorica è alquanto impegnativo, non solo per quanto concerne la cronologia degli eventi. Per comprendere come sia avvenuta la transizione tra preistoria e protostoria è bene elaborare alcune considerazioni a riguardo. Secondo i cultori di queste remote parentesi della storia umana, l’homo erectus giunse in Italia circa 900.000 anni fa. Per quanto concerne la Valnerina, gli insediamenti umani maggiormente consistenti vengono fatti risalire allo stanziamento in loco degli antichi italici, letteralmente “popoli dell’Italia Antica” e risultato finale di un lungo processo etnico iniziato nel lontano neolitico. Tuttavia reperti preistorici sono stati rinvenuti anche nei dintorni di Spoleto. A tale proposito, Arpago Ricci, geologo e paleoantropologo, nel saggio “L’età della pietra e l’uomo preistorico nel territorio spoletino”, fa riferimento alla scoperta dei fossili vegetali ed animali risalenti al terziario.
La “Grotta del Lago” ed un rinvenimento eccezionale
Secondo gli studiosi, l’area del Nera subì il primo processo di antropizzazione a partire dal Paleolitico Inferiore e nella successiva età del rame: materiali litici sono stati rinvenuti nella zona di Abeto. In aggiunta, a Triponzo, in prossimità del Nera è visibile, ma di accesso disagevole, la Grotta del Lago, utilizzata a scopo funerario fino alla metà del V secolo avanti Cristo, come sostenuto dall’archeologa Maria Cristina De Angelis. A Castel San Felice, invece, presso il ponte che attraversa il torrente, è visibile una seconda grotta frequentata dall’uomo in tempi assai remoti: nel 1967 una ricognizione del Gruppo Speleologico Spoletino rivenne in loco punte di lancia ed un raschiatoio insieme ad un frammento di ceramica ed un’ascia di ferro risalenti ad epoche successive. La ceramica in questione, secondo Liliana Costamagna, può essere assimilabile cronologicamente ad alcuni dei reperti rinvenuti presso la Grotta di Triponzo, a testimoniare l’importanza archeologica del territorio.
Le Tavole Iguvine
Parlando di Valnerina e di valenze geo-storiche è doveroso menzionare la Val di Narco, identificabile con la parte mediana della Valle del Nera. Trattasi di un’area di notevole antichità, le cui caratteristiche orografiche ed idrografiche favorirono, già a partire dall’età protostorica, l’antropizzazione del territorio e lo sviluppo di rudimentali attività agro-pastorali. La centralità del territorio, invece, facilitò notevolmente gli interscambi economici favorendo un fertile contaminazione culturali con i gruppi etnici “di confine“: non è raro, infatti, riscontrare analogie antropologiche tra i Naharci, gli abitanti del nera, e le popolazioni italiche dei Piceni e dei Sabini. Addirittura nelle Tavole Iguvine, il più importante testo rituale dell’Italia Antica, vi sono dei consistenti riferimenti al millenario popolo del fiume Nahar (l’attuale Nera, da cui deriva il termine Naharki). L’importanza dell’area è testimoniata, inoltre, anche da notevoli citazioni letterarie: basti pensare che Virgilio menzionò l’impetuoso Nera in numerose delle sue opere: amnis sulphureus Nar (Nera fiume sulfureo). Non a caso i Bagni di Triponzo, particolarmente rinomati già tra gli antichi romani, si caratterizzano per le pregiate acque sulfuree apprezzate ancora oggi in tutta Italia.
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Per maggiori informazioni sulla storia della Valnerina consigliamo la pubblicazione “Storia millenaria della Val di Narco” di Ubaldo Santi.