La stalla nella società rurale della Valnerina
Nelle dimore rurali tradizionali, la stalla era ubicata al pian terreno ed – oltre alla funzione principale cui era destinata – svolgeva quella di importante luogo sociale e di aggregazione. Una parte della stalla era adibita agli animali adulti, una parte, invece, protetta da staccionate e cancelli di legno, era destinata ad accogliere i vitelli. Nella cattiva stagione, quando il bestiame era tenuto al chiuso, ci si recava nella stalla almeno de volte al giorno: di mattina, per foraggiare gli animali; di sera, per mungerli e per distribuire loro la seconda dose di foraggio.
LE IMMAGINI PROPOSTE SUCCESSIVAMENTE SONO TRATTE DALLA PUBBLICAZIONE “LA VALNERINA COM’ERA”.
Vita da…allevatori
Oltre alla routine giornaliera – che non prevedeva giorni festivi né permetteva deroghe – ci si recava in stalla per assistere le vacche intente a partorire. Nonostante la modernizzazione, gli obblighi degli allevatori nei confronti del bestiame sono rimasti immutati e, se la tecnologia ha consentito loro di diminuire il tempo necessario alla mungitura, è rimasta invariata la necessità di una presenza assidua da parte dell’uomo. Per allevare al meglio i capi di bestiame, fino a pochi decenni addietro, le dure mansioni dell’allevatore venivano “distribuite” tra tutti i membri dalla famiglia: gli uomini svolgevano i lavori più gravosi, come la pulizia ed il trasporto del letame; le donne erano incaricate dei lavori meno pesanti, o venivano impiegate come “supporto” alle principali attività svolte dagli uomini.
La stalla e le streghe
Per quanto riguarda gli aspetti magico-difensivi, la stalla (in particolar modo quella dei bovini) era oggetto di speciali precauzioni da parte degli allevatori in quanto forniva alla famiglia importanti risorse alimentari ed economiche: in specie il latte, utilizzato soprattutto per la preparazione del formaggio, oltre ai capi di bestiame destinati alla vendita, o allo scambio. Si temeva, in primo luogo, il potere onnipresente della fascinazione (dell’invidia e del malocchio) che avrebbe potuto compromettere la salute del bestiame e ridurre, o arrestare, il flusso latteo degli animali. In secondo luogo, i temevano le notturne incursioni delle streghe specie nelle stalle dei cavalli: fino a poco prima dell’alba, secondo una credenza diffusa ancora oggi in tutta la Valnerina, le streghe amavano concedersi il piacere di lunghe cavalcate notturne che lasciavano gli animali sfiniti, grondanti di sudore e, spesso, si divertivano ad intrecciare fittamente le loro criniere.
Rimedi contro le streghe
Contro le streghe, a protezione della stalla, sopra o dietro la porta, si usava appendere un ramo d’agrifoglio o di pungitopo. Nella zona settentrionale della Valnerina, per impedire alle streghe di usare i cavalli per loro scorribande, si appendeva fuori dalla porta della stalla una ramo di ginepro assieme ad un sacchetto di semola, o assieme ad una fronda d’ulivo benedetta il giorno della Candelora. Per oltrepassare queste magiche barriere, in virtù d’un antichissimo vincolo, le streghe avrebbero dovuto contare una ad una le foglie dei rami di ginepro, o tutti i grani di semola contenuti nel sacchetto correndo il rischio di essere sorprese prima della luce del giorno e di essere costrette a svelare la propria identità. In ogni stalla, inoltre, non mancava, in bella vista, l’immagine di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali e difensore dal fuoco.
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