L’opera del Maestro di Eggi
Il Cristo benedicente solleva e mostra il turgido seno della Madre, quasi a rassicurare le madri che dinanzi a quella immagine chiedevano la grazia del latte per i loro i piccoli. E a rammentare ai fedeli meno sprovvisti di dottrina cristiana il seno fecondo di grazie della Mater Ecclesiae. Sull’esempio della purificazione di Maria, commemorata nella grande festa della “Candelora”, per secoli a venire, le madri umbre aspetteranno quaranta giorni dopo il parto prima di recarsi in chiesa per esservi benedette e purificate. “Jisse a rebbenedì” era detta, in dialetto, la Benedictio mulieris post partum.
In cosa consisteva la benedizione post parto?
Il sacerdote, con una stola bianca, accoglieva la madre all’entrata della chiesa; la donna s’inginocchiava tenendo in mano una candela accesa ed il parroco l’aspergeva recitando il Salmo 23; quindi, reggendo in mano un’estremità della stola, entrava in chiesa. Giunta dinanzi l’altare, la giovane madre ringraziava Dio di averle concesso un figlio ed era di nuovo benedetta. Ne quaranta giorni dopo il parto, la puerpera non solo non poteva entrare in chiesa ma, in alcuni paesi, neppure passare dinanzi ad essa.
“Lu coppu”
Le anziane ricordano che era vietato loro persino uscire di casa e, se qualcuna ne fosse stata costretta, si sarebbe dovuta coprire il capo con una tegola. Funzionando da sostituto del tetto domestico e partecipando della sua sacralità, “lu coppu” permetteva di non infrangere il divieto. La reclusione domestica impediva alla madre di assistere al battesimo dei figli, soprattutto se impartito pochi giorni dopo il parto, precauzione dovuta soprattutto all’alto tasso di mortalità infantile. La madre consegnava il neonato alla madrina recitando queste parole: “Te lu do pagano, reportamelu cristiano”.
Un rito arcano che mai avresti immaginato
Un tempo le madri tessevano, cucinavano e ricamavano la bianca camiciola di lino indossata dai loro figli per il battesimo, la quale era conosciuta con il nome di “alba”. Dopo il rito, l’indumento veniva conservato in modo da essere usato per il battesimo di un altro figlio, o figlia. Dopo aver prelevato l’infante dalle mani della madre, la madrina usciva di casa avvolta in un lungo velo nero trapunto di ricami floreali col quale copriva accuratamente il pargolo per evitare che venisse contagiato da sguardi malevoli, o dall’invidia. Subito dopo il battesimo, il neonato veniva adagiato sull’altare e veniva fatto rotolare alcune volte su stesso: versione cristiana dell’antica offerta alla Madre Terra eseguita poggiando al suolo il bimbo subito dopo la nascita, prima che il padre, prendendolo tra le braccia e sollevandolo, riconoscesse la propria paternità.
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